Riflessioni di Papa Francesco

Non siate cristiani di mezza misura con il cuore rimpicciolito.

 

Nella solennità di Papa Francesco dà inizio ad un nuovo itinerario di catechesi sul tema dei comandamenti. Per introdurlo prendiamo spunto dalla liturgia di oggi: l’incontro fra Gesù e un uomo che, in ginocchio, gli chiede come poter ereditare la vita eterna.

E in quella domanda c’è la sfida di ogni esistenza, anche la nostra: il desiderio di una vita piena, infinita. Ma come fare per arrivarci? Vivere per davvero, vivere un’esistenza nobile.

Alcuni pensano che sia meglio spegnere questo impulso di vivere, ma il Santo Padre rivolgendosi ai giovani esclama: il nostro peggior nemico non sono i problemi concreti, per quanto seri e drammatici: il pericolo più grande della vita è un cattivo spirito di adattamento che non è mitezza o umiltà, ma mediocrità, pusillanimità. Un giovane mediocre è un giovane con futuro o no? No! Rimane lì, non cresce, non avrà successo. La mediocrità o la pusillanimità. Quei giovani che hanno paura di tutto: “No, io sono così …”. Questi giovani non andranno avanti. Mitezza, forza e niente pusillanimità, niente mediocrità. Il Beato Pier Giorgio Frassati – che era un giovane – diceva che bisogna vivere, non vivacchiare. I mediocri vivacchiano. Vivere con la forza della vita. Bisogna chiedere al Padre celeste per i giovani di oggi il dono della sana inquietudine. Ma, a casa, nelle vostre case, in ogni famiglia, quando si vede un giovane che è seduto tutta la giornata, a volte mamma e papà pensano: “Ma questo è malato, ha qualcosa”, e lo portano dal medico. La vita del giovane è andare avanti, essere inquieto, la sana inquietudine, la capacità di non accontentarsi di una vita senza bellezza, senza colore. Se i giovani non saranno affamati di vita autentica, mi domando, dove andrà l’umanità? Dove andrà l’umanità con giovani quieti e non inquieti?

La domanda di quell’uomo del Vangelo che abbiamo sentito è dentro ognuno di noi: come si trova la vita, la vita in abbondanza, la felicità? Gesù risponde: «Tu conosci i comandamenti». È un processo pedagogico, con cui Gesù vuole guidare ad un luogo preciso; infatti è già chiaro, dalla sua domanda, che quell’uomo non ha la vita piena. Che cosa deve dunque capire? Dice: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza».

Come si passa dalla giovinezza alla maturità? Quando si inizia ad accettare i propri limiti. Si diventa adulti quando ci si relativizza e si prende coscienza di “quello che manca”. Quest’uomo è costretto a riconoscere che tutto quello che può “fare” non supera un “tetto”, non va oltre un margine. Esiste una verità che nella storia degli ultimi secoli l’uomo ha spesso rifiutato, con tragiche conseguenze: la verità dei suoi limiti.

Gesù, nel Vangelo, dice qualcosa che ci può aiutare: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento». Il Signore Gesù regala il compimento, è venuto per questo. Quell’uomo doveva arrivare sulla soglia di un salto, dove si apre la possibilità di smettere di vivere di sé stessi e lasciare tutto per seguire il Signore. A ben vedere, nell’invito finale di Gesù è pieno di ricchezza vera: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».

Chi, potendo scegliere fra un originale e una copia, sceglierebbe la copia? Ecco la sfida: trovare l’originale della vita, non la copia. Gesù non offre surrogati, ma vita vera, amore vero, ricchezza vera! Come potranno i giovani seguirci nella fede se non ci vedono scegliere l’originale, se ci vedono assuefatti alle mezze misure? È brutto trovare cristiani di mezza misura con il cuore rimpicciolito, chiuso. Ci vuole l’esempio di qualcuno che mi invita a un “oltre”, a un “di più”, a crescere un po’. Sant’Ignazio lo chiamava il “magis”, «il fuoco, il fervore dell’azione, che scuote gli assonnati».

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1 pensato per “Non siate cristiani di mezza misura con il cuore rimpicciolito.

  1. Penso che ogni persona che ama il prossimo come se stesso, immedesimandosi nei problemi del quotidiano, debba aiutare le persone che ha in famiglia, e già questo si riesce a fare ed è già molto, poi può se resta il tempo e la salute pensare al prossimo che hai intorno, che vedi, conosci, amici, e solo questo è già molto. Chi non ha famiglia, può rivolgersi ad associazioni o in parrocchia o altro, e riesce certamente per il bene del prossimo e di sé stessi per la gioia che nasce dal fare il bene.
    Oggi comunque è sempre più difficile riuscire a fare tutto questo e riuscire a comunicare amore e basta…l’importante è non arrendersi e speranza e carità fanno il resto.

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