Nella notte della terra è apparsa una luce dal cielo ma cosa significa questa luce apparsa nell’oscurità? Lo spiega l’Apostolo Paolo: «È apparsa la grazia di Dio». La grazia di Dio, che «porta salvezza a tutti gli uomini», stanotte ha avvolto il mondo.
Ma che cos’è questa grazia? Chiede Francesco ai presenti. È l’amore divino, l’amore che trasforma la vita, rinnova la storia, libera dal male, infonde pace e gioia. In Gesù l’Altissimo si è fatto piccolo, per essere amato da noi, si è fatto Bambino, per lasciarsi abbracciare da noi. Ma perchè San Paolo chiama la venuta nel mondo di Dio “grazia”? Per dirci che è gratuita. Dio arriva gratis, il suo amore non è negoziabile: non abbiamo fatto nulla per meritarlo e non potremo mai ricompensarlo.
È apparsa la grazia di Dio. Spiega Il Papa. Questa notte non eravamo all’altezza, Egli si è fatto per noi piccolezza; mentre andavamo per i fatti nostri, Egli è venuto tra noi. Natale ci ricorda che Dio continua ad amare ogni uomo, anche il peggiore ed a ciascuno di noi oggi dice: “Ti amo e ti amerò sempre, sei prezioso ai miei occhi”. Il suo amore è incondizionato, non dipende da te. Puoi avere idee sbagliate, puoi averne combinate di tutti i colori, ma il Signore non rinuncia a volerti bene. Dio ci ama anche peccatori spiega Francesco. Ecco il dono che troviamo a Natale: scopriamo con stupore che il Signore è tutta la gratuità possibile, tutta la tenerezza possibile. Nasce povero di tutto, per conquistarci con la ricchezza del suo amore.
È apparsa la grazia di Dio. Grazia è sinonimo di bellezza. Stanotte, nella bellezza dell’amore di Dio, riscopriamo pure la nostra bellezza, perché siamo gli amati di Dio. C’è in noi una bellezza indelebile, intangibile, una bellezza insopprimibile che è il nucleo del nostro essere. Oggi Dio ce lo ricorda, prendendo con amore la nostra umanità e facendola sua, “sposandola” per sempre.
Davvero la «grande gioia» annunciata stanotte ai pastori è «di tutto il popolo». In quei pastori ci siamo anche noi, con le nostre fragilità e debolezze. Come chiamò loro, Dio chiama anche noi: «Non temete». Coraggio, non smarrire la fiducia, non perdere la speranza, non pensare che amare sia tempo perso! Stanotte l’amore ha vinto il timore, una speranza nuova è apparsa, la luce gentile di Dio ha vinto le tenebre dell’arroganza umana. Umanità, Dio ti ama e per te si è fatto uomo, non sei più sola!
Cari fratelli e sorelle, che cosa fare di fronte a questa grazia? Una cosa sola: accogliere il dono. Spiega Bergoglio. Prima di andare in cerca di Dio, lasciamoci cercare da Lui, che ci cerca per primo. Posiamo lo sguardo sul Bambino e lasciamoci avvolgere dalla sua tenerezza. Non avremo più scuse per non lasciarci amare da Lui e tutto passerà in secondo piano, perché di fronte all’amore folle di Gesù, a un amore tutto mitezza e vicinanza, non ci sono scuse. La questione a Natale è: “Mi lascio amare da Dio? Mi abbandono al suo amore che viene a salvarmi?”.
Un dono così grande merita tanta gratitudine. Accogliere la grazia è saper ringraziare. Ma le nostre vite trascorrono spesso lontane dalla gratitudine. Oggi è il giorno giusto per avvicinarci al tabernacolo, al presepe, alla mangiatoia, per dire grazie. Accogliamo il dono che è Gesù, per poi diventare dono come Gesù. Diventare dono è dare senso alla vita. Ed è il modo migliore per cambiare il mondo: noi cambiamo, la Chiesa cambia, la storia cambia quando cominciamo non a voler cambiare gli altri, ma noi stessi, facendo della nostra vita un dono.
Gesù ce lo mostra stanotte: non ha cambiato la storia forzando qualcuno o a forza di parole, ma col dono della sua vita. Non ha aspettato che diventassimo buoni per amarci, ma si è donato gratuitamente a noi. Anche noi, non aspettiamo che il prossimo diventi bravo per fargli del bene, che la Chiesa sia perfetta per amarla, che gli altri ci considerino per servirli. Cominciamo noi. Questo è accogliere il dono della grazia. E la santità non è altro che custodire questa gratuità.
Conclude Francesco: una graziosa leggenda narra che, alla nascita di Gesù, i pastori accorrevano alla grotta con vari doni. Ciascuno portava quel che aveva, chi i frutti del proprio lavoro, chi qualcosa di prezioso. Ma, mentre tutti si prodigavano con generosità, c’era un pastore che non aveva nulla. Era poverissimo, non aveva niente da offrire. Mentre tutti gareggiavano nel presentare i loro doni, se ne stava in disparte, con vergogna. A un certo punto San Giuseppe e la Madonna si trovarono in difficoltà a ricevere tutti i doni, tanti, soprattutto Maria, che doveva reggere il Bambino. Allora, vedendo quel pastore con le mani vuote, gli chiese di avvicinarsi. E gli mise tra le mani Gesù. Quel pastore, accogliendolo, si rese conto di aver ricevuto quanto non meritava, di avere tra le mani il dono più grande della storia. Guardò le sue mani, quelle mani che gli parevano sempre vuote: erano diventate la culla di Dio. Si sentì amato e, superando la vergogna, cominciò a mostrare agli altri Gesù, perché non poteva tenere per sé il dono dei doni.
Caro fratello, cara sorella, se le tue mani ti sembrano vuote, se vedi il tuo cuore povero di amore, questa notte è per te. È apparsa la grazia di Dio per risplendere nella tua vita. Accoglila e brillerà in te la luce del Natale.
Io so di essere odiata da Dio. Ogni mattina appena apro gli occhi Dio, Gesù e Maria mi sputano il loro gelido odio addosso. Dio odia tutti i poveri e i miseri, non li tratta da figli, la povertà e la miseria sono l’espressione Chiara e evidente di odio da parte di Dio.