Prosegue la catechesi incentrata sulla lettera di Paolo ai Galati, che abbiamo lasciato in preda ai dubbi su come vivere la fede, e il suo intento è “ribadire la novità del Vangelo” affinché seguano la strada giusta.
Paolo, che conosce bene il Cristo, non si ferma alla superficie dei problemi cercando il compromesso, e questo è un insegnamento anche per noi. Lui non vuole piacere agli uomini, non cerca il loro appoggio né la facile soluzione, “solo verso la fine della Lettera, infatti, viene esplicitato che il nocciolo della diatriba suscitata è quello della circoncisione, dunque della principale tradizione giudaica.” Tradizione che conosce bene, come ricorda nel suo scritto, dato che prima della conversione perseguitava gli stessi cristiani, affermando anche che “lui nel giudaismo superava tutti, era un vero fariseo zelante, «irreprensibile quanto alla giustizia che deriva dall’osservanza della legge».”
Ma proprio lui, che pure era bestemmiatore e violento, ha ricevuto la misericordia di Dio e ne è la prova vivente: “evidenzia la misericordia di Dio nei suoi confronti, che lo porta a vivere una trasformazione radicale.[…] da persecutore dei cristiani perché non osservavano le tradizioni e la legge, era stato chiamato a diventare apostolo per annunciare il Vangelo di Gesù Cristo.”
Ecco perché Paolo è pieno di riconoscenza, “era stato educato fin da ragazzo per essere un irreprensibile osservante della Legge mosaica, e le circostanze lo avevano portato a combattere i discepoli di Cristo. Tuttavia, qualcosa d’inaspettato era accaduto: Dio, con la sua grazia, gli aveva rivelato suo Figlio morto e risorto, perché lui ne diventasse annunciatore in mezzo ai pagani.” Questo può accadere a chiunque, in qualunque momento Dio può entrare nel nostro cuore e servirsi di noi peccatori per realizzare il Suo disegno: “Lui tesse la nostra storia e, se noi corrispondiamo con fiducia al suo piano di salvezza, ce ne accorgiamo. La chiamata comporta sempre una missione a cui siamo destinati.”