Il Pontefice, impegnato nella sua visita Pastorale nella città di Matera, la città del pane, durante la sua Omelia ci invita a riflettere sulla parabola che vede da una parte il ricco che banchetta, dall’altra il povero coperto di piaghe in attesa di qualche mollica per sfamarsi.
Un ricordo dell’Eucaristia, il pane che dovremmo prendere tutti. “Il ricco della parabola non è aperto alla relazione con Dio […] Soddisfatto di sé, ubriacato dal denaro, stordito dalla fiera delle vanità, nella sua vita non c’è posto per Dio perché egli adora solo se stesso. Non a caso, di lui non si dice il nome: lo chiamiamo “ricco”, lo definiamo solo con un aggettivo perché ormai ha perduto il suo nome, ha perduto la sua identità che è data solo dai beni che possiede”. Del povero invece sappiamo che si chiama Lazzaro.
Ed è questa la realtà con cui abbiamo a che fare oggi che “confondiamo quello che siamo con quello che abbiamo” e “giudichiamo le persone dalla ricchezza che hanno”. Quella del mondo è “la religione dell’avere e dell’apparire” che “alla fine ci lascia a mani vuote: sempre”.
Il valore dell’Eucaristia invece ci ricorda l’amore del Padre per noi, “io non sono le cose che possiedo o i successi che riesco a ottenere; il valore della mia vita non dipende da quanto riesco a esibire né diminuisce quando vado incontro ai fallimenti e agli insuccessi. Io sono un figlio amato, ognuno di noi è un figlio amato”. Ma l’amore deve essere anche verso gli altri, condividere con loro il pane.
L’invito di Bergoglio è quindi questo: “ritorniamo a Gesù, ritorniamo all’Eucaristia. Torniamo al gusto del pane, perché mentre siamo affamati di amore e di speranza, o siamo spezzati dai travagli e dalle sofferenze della vita, Gesù si fa cibo che ci sfama e ci guarisce. Torniamo al gusto del pane, perché mentre nel mondo continuano a consumarsi ingiustizie e discriminazioni verso i poveri, Gesù ci dona il Pane della condivisione e ci manda ogni giorno come apostoli di fraternità”.