Riflessioni di Papa Francesco

La malattia è una scuola d’amore, Dio non ci lascia mai soli

Una sorpresa inaspettata ha commosso i ventimila presenti in Piazza San Pietro: al termine della Messa del Giubileo degli ammalati e degli operatori sanitari, Papa Francesco è apparso sul sagrato, in sedia a rotelle, per salutare i fedeli con un semplice ma profondo: “Buona domenica a tutti, grazie tante!”

Ad accompagnarlo fino all’altare è stato il suo infermiere personale, Massimiliano Strappetti. La sua presenza, pur breve, ha dato un segno forte di vicinanza e partecipazione, soprattutto in un momento in cui il Pontefice stesso sta vivendo l’esperienza dell’infermità. Nel suo saluto ha ringraziato i presenti per le preghiere rivolte a Dio per la sua salute, estendendo la benedizione apostolica a tutti i fedeli, ai sofferenti e ai loro cari. Poco prima, aveva ricevuto il sacramento della riconciliazione nella Basilica di San Pietro e aveva varcato la Porta Santa.

“Condivido con voi l’esperienza dell’infermità”

L’omelia della celebrazione è stata letta dall’arcivescovo Rino Fisichella, delegato del Papa, il quale ha ricordato che Francesco, seppur non fisicamente all’altare, seguiva la Messa da vicino, partecipando tramite la televisione. Nelle parole scritte dal Pontefice, il cuore della riflessione è stata la condivisione della debolezza: “Condivido con voi l’esperienza dell’infermità, di sentirci deboli, di dipendere dagli altri, di aver bisogno di sostegno”. Una condizione che, seppur difficile, diventa scuola d’amore.

“Non è sempre facile, però è una scuola in cui impariamo ogni giorno ad amare e a lasciarci amare, senza pretendere e senza respingere”, ha scritto Francesco. “Grati a Dio e ai fratelli per il bene che riceviamo, abbandonati e fiduciosi per quello che ancora deve venire”.

Una nuova vita può nascere anche dal dolore

L’omelia ha poi approfondito il significato delle letture del giorno, a partire dal Libro di Isaia, dove il Signore invita il popolo d’Israele in esilio a cogliere ciò che di nuovo sta germogliando. “Quando tutto sembra perduto – ha sottolineato il Papa – Dio ci chiama a scoprire ciò che è essenziale: restare uniti e camminare insieme nella luce del Signore”.

Nel Vangelo, la figura dell’adultera salvata da Gesù è diventata simbolo di speranza: “Anche lei sembrava non avere più futuro, e invece Gesù entra nella sua vita proprio nel momento più buio, donandole la possibilità di cominciare un’esistenza nuova”.

La malattia come luogo santo

Francesco ha voluto ribadire che nella malattia “possiamo toccare con mano quanto siamo fragili”, ma proprio per questo, se ci affidiamo a Dio, “possiamo sperimentare la consolazione della sua presenza”. Il letto di un malato, ha scritto, può diventare “un luogo santo, di salvezza e redenzione”, dove il Signore stesso ci rende strumenti della sua compassione.

Un messaggio speciale è stato rivolto agli operatori sanitari: medici, infermieri e volontari. “Il Signore offre a ciascuno di voi l’opportunità di rinnovare continuamente la vostra vita, nutrendola di gratitudine, misericordia e speranza”. I malati, ha aggiunto, siano accolti come dono, capaci di “guarire il vostro cuore, riscaldandolo con il fuoco ardente della compassione”.

“Una società che rifiuta i sofferenti è crudele”

In chiusura, il Pontefice ha ripreso le parole di Benedetto XVI nella Spe salvi, ricordando che “una società che non riesce ad accettare i sofferenti è crudele e disumana”. Per Francesco, il dolore non va allontanato o nascosto, ma condiviso, perché “affrontarlo insieme ci rende più umani e più santi”.

“Non releghiamo chi è fragile lontano dalla nostra vita – ha scritto – ma accogliamolo come occasione per crescere insieme e per coltivare la speranza, che è il dono più grande e ciò che rimane per sempre”.

La celebrazione si è conclusa con le preghiere dei fedeli per i malati e per chi se ne prende cura, e con il canto dell’Ave Maria di Lourdes e dell’Inno del Giubileo Pellegrini di speranza. Un momento di grazia e comunione, segnato dalla presenza discreta ma intensa del Papa che, con la sua stessa debolezza, ha voluto ancora una volta farsi prossimo ai più fragili.

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