Papa Francesco apre il viaggio pastorale in Brasile in vista della Giornata Mondiale della Gioventù portando nuovamente alla ribalta un tema a lui caro, la cultura dello scarto: le persone trattate come rifiuti. Come sempre, in primis, il pensiero va a coloro che sono meno utili ai bisogni di produttività della società contemporanea: i poveri, i malati ma soprattutto gli anziani.
“Anche gli anziani che stanno al lato estremo della vita, anche gli anziani sono il futuro, perchè loro sono quelli che danno saggezza alla vita” ha detto Papa Francesco, per poi aggiungere che “facciamo un’ingiustizia agli anziani quando li lasciamo da parte come se non avessero niente da dare, gli anziani hanno la saggezza della storia, della patria, della famiglia.”
Ma in questa occasione la riflessione del Papa prosegue evidenziando un differente tipo di scarto, quello dei giovani. Perché ad essere scartati ormai non sono più solo i malati, i deboli e gli anziani ma gli stessi giovani. “Corriamo il rischio per la crisi di avere una intera generazione che non ha avuto lavoro” ha detto il Pontefice, poi ricordando che “dal lavoro, dalla possibilità di guadagnarsi il pane, deriva la dignità della persona“
Viene allo scoperto dunque una nuova emergenza, quella dei giovani che, abbandonati a loro stessi, senza poter vedere il frutto del proprio lavoro, vengono privati delle speranze e cosa ancora più grave vengono in un certo qual modo isolati rispetto al loro tessuto sociale. Questo comportamento porta allo strappare via il giovane dal suo proprio contesto sociale trasformandolo in una persona senza patria, senza cultura e senza famiglia.
Proprio nell’evitare tutto ciò é il valore aggiunto degli anziani. I giovani infatti sono il futuro ma anche gli anziani lo sono: i giovani vanno avanti ma senza quelle conoscenze che solo gli anziani possono loro tramandare andrebbero alla cieca, brancolerebbero nel buio.L’anziano permette dunque al giovane di rimanere agganciato alla sua storia, alla sua cultura e alla sua famiglia.
I cosiddetti “giovani” ritengono che le persone di una certa età abbiano terminato il cammino della loro vita….dall’ambiente ospedaliero (dove sembra non abbiano più bisogno delle stesse cure ed attenzioni di cui TUTTI gli esseri umani hanno diritto) all’interno stesso delle loro famiglie. Senza rispetto e con disprezzo. Provate a fermarvi a parlare con gli anziani…ascoltate i loro racconti…abbiamo tanto da imparare. Sono straordinari e poi non dimentichiamo che tutti diventeremo “vecchi” anche se ce ne sono tanti che sono molto più in gamba di tanti giovani. Dobbiamo curare il nostro passato!
Ho letto con interessa questo articolo, perchè da sette anni mia nonna è in una casa di cura, e mia mamma ed io non manchiamo un gg .. Praticamente ho riscoperto la nonna in questi sette anni, mi ha dato un esempio di vita incredibile e stare con lei mi ha arricchito interiormente. Mi piacerebbe che questo articolo fosse appeso alla bacheca della casa di cura , poiche’ molti altri anziani che sono li non sono “fortunati” come la mia nonna e vengono trattati come se non avessero avuto una vita , come se fossero degli stupidi , ma loro hanno una dignità e hanno bisogno di tanto affetto e cure. Ed è un nostro dovere accudire a loro perchè loro l’hanno fatto con noi quando eravamo piccoli e non dobbiamo dimenticare l’amore che ci hanno dato .