Dopo aver parlato della Comunione dei Santi si affronta all’Udienza il tema della buona morte, prendendo in esempio quella di San Giuseppe, avvenuta presumibilmente in seno alla famiglia.
“Non ci sono dati storici, ma siccome non si vede più Giuseppe nella vita pubblica, si pensa che sia morto lì a Nazareth, con la famiglia” spiega il Pontefice. Un tema all’apparenza triste, ma quanto mai attuale, quello del fine vita. Infatti, prosegue, “la cosiddetta cultura del ‘benessere’ cerca di rimuovere la realtà della morte, ma in maniera drammatica la pandemia del coronavirus l’ha rimessa in evidenza. […] la fede cristiana non è un modo per esorcizzare la paura della morte, piuttosto ci aiuta ad affrontarla. Prima o poi, tutti noi andremo per quella porta.”
Ma senza paura, consapevoli che Cristo è risorto e che anche noi possiamo avere questa speranza, “solo dalla fede nella risurrezione noi possiamo affacciarci sull’abisso della morte senza essere sopraffatti dalla paura.” E cosa più importante, dobbiamo ricordare che per varcare quella porta non porteremo nulla con noi, quindi non vale la pena affannarsi per accumulare beni materiali, piuttosto “ciò che dobbiamo accumulare è la carità, è la capacità di condividere, la capacità di non restare indifferenti davanti ai bisogni degli altri.” E soprattutto mantenere la pace con il prossimo.
Infine, altro punto importante, no all’accanimento terapeutico: “non possiamo evitare la morte, e proprio per questo, dopo aver fatto tutto quanto è umanamente possibile per curare la persona malata, risulta immorale l’accanimento terapeutico. ” Questo però tenendo conto che, sebbene scienza e medicina tanto abbiano fatto per lenire i dolori e curare i mali, noi “dobbiamo accompagnare alla morte, ma non provocare la morte o aiutare qualsiasi forma di suicidio. […] La vita è un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata.” Preghiamo affinché gli ultimi istanti siano accompagnati dalla misericordia di Dio.