Una Piazza San Pietro gioiosa e soleggiata ha accolto il Pontefice per il suo Angelus imperniato sulla compassione, come quella che ebbe Gesù con il lebbroso nel Vangelo di Marco 1,40-45 .
In un tempo in cui i lebbrosi erano considerati impuri e quindi dovevano restare fuori dalla città, non potendo avvicinare nessuno né da nessuno essere toccati, ecco che si vede la compassione di Dio nelle azioni del Figlio.
Gesù infatti non solo si lascia avvicinare ma trasgredisce la Legge e tocca l’uomo, anche quella cosa proibita: “ così, Egli realizza la Buona Notizia che annuncia: Dio si è fatto vicino alla nostra vita, ha compassione per le sorti dell’umanità ferita e viene ad abbattere ogni barriera che ci impedisce di vivere la relazione con Lui, con gli altri e con noi stessi.[…] Compassione: il Vangelo dice che Gesù vedendo il lebbroso, ne ebbe compassione. E tenerezza. Tre parole che indicano lo stile di Dio: vicinanza, compassione, tenerezza. ”
Ma anche la trasgressione di Gesù ha un senso, “ toccare con amore significa stabilire una relazione, entrare in comunione, coinvolgersi nella vita dell’altro fino a condividerne anche le ferite. Con questo gesto, Gesù mostra che Dio che non è indifferente, non si tiene a distanza di sicurezza”.
Non giudica ma ha compassione dei nostri peccati e delle nostre vite imperfette, così come dovremmo fare noi: “ dinanzi a tutto questo, Gesù ci annuncia che Dio non è un’idea o una dottrina astratta, ma Dio è Colui che si -contamina- con la nostra umanità ferita e non ha paura di venire a contatto con le nostre piaghe. ”
Non dobbiamo essere egoisti ma “ uscire dal nostro isolamento e, invece di restare lì a commiserarci o a piangere i nostri fallimenti, le lamentele, e invece di questo andiamo da Gesù così come siamo. ” Impariamo da Lui e dal Suo amore, “ un amore che fa andare oltre le convenzioni, che fa superare i pregiudizi e la paura di mescolarci con la vita dell’altro. ”