Lo Spirito Santo è il primo dono datoci da Gesù risorto e il primo strumento attraverso cui si perdonano i peccati: il perdono è il dono più grande di tutti perché è quello che ci tiene uniti al di là di tutto e nonostante le diversità.
Questo il concetto espresso stamane da Papa Francesco nell’omelia della Pentecoste. Dinanzi a una Piazza San Pietro gremita con più 60mila persone, il Papa ha ricordato l’importanza dello Spirito Santo nella vita di ogni cristiano: lo Spirito è colui “che crea la diversità e l’unità, che plasma un popolo nuovo, variegato e unito: la Chiesa universale”.
L’unità, quindi, secondo la visione di Dio non è sinonimo di uniformità, poiché l’unità la si ha proprio nella differenza. Ma come possiamo cercare di far nostro questo concetto così difficile?
La prima cosa, secondo il Papa, sta nell’evitare di cercare la diversità senza l’unità: “Succede quando ci si vuole distinguere, quando si formano degli schieramenti, quando ci si irrigidisce su posizioni escludenti, quando ci si chiude nei propri particolarismi magari ritenendosi migliori degli altri. Ecco, questo è un atteggiamento di chi sceglie una parte, non il tutto. E’ l’atteggiamento del tifoso che vuol esser tale anziché fratello e sorella nello Spirito, o che vuol essere un cristiano di destra o di sinistra prima che essere semplicemente un cristiano di Gesù”.
Allo stesso modo, però, bisogna anche cercare di evitare di rincorrere l’unità senza la diversità. “Chi cerca unità senza diversità cerca, in realtà, l’uniformità: il fare tutto insieme e tutto uguale, il pensare tutti alla stessa maniera. Così l’unità si mescola all’omologazione e non c’è più libertà. Eppure San Paolo dice che dove c’è lo Spirito del Signore, là c’è libertà”.
Alla luce di ciò, Francesco ha invitato lo Spirito ad accogliere i cristiani nell’unità, a far sì che le chiacchiere e la zizzannia, le invidie e i veleni tra gli uomini si azzerino. Lo Spirito faccia sì che tutti si sentano figli della stessa Chiesa, di una casa che è accogliente e aperta, di una casa in cui si condivide la gioia.
Ho visto che pregando il S.Rosario con le intenzioni di offrirlo a Maria, ringraziandoLA dei Suoi si, del Suo amore, offrendo il nostro di amore, chiedendo prima di ogni cosa protezione per il Santo Padre, i nostri sacerdoti e noi tutti, si e’ “creata” una bellissima unita’, senza tante parole ognuno svolge quanto serve affinche’ tutto proceda bene, ci si cerca per confrontare quanto ci puo’ migliorare nel servizio, abbiamo “allargato” la preghiera per i nostri sacerdoti ai sacerdoti di tutta la nostra diocesi, il Rosario, la preghiera che fu’ ideata per gli analfabeti, semplice, scaturita da cuori che amavano Maria, Gesu’, vollero farLi conoscere e amare attraverso la formulazione del S. Rosario, non mattiamolo al collo a mo’ di collana o amuleto, PREGHIAMOLO, cosi funziona.—