La parabola del buon samaritano ci invita a “porci questa domanda: chi è il mio prossimo? Chi devo amare come me stesso? I miei parenti? I miei amici? I miei connazionali? Quelli della mia stessa religione?… Chi è il mio prossimo?“. Nell’Angelus di oggi Papa Francesco risponde a questa domanda.
Prendendo spunto dal brano del Vangelo di Luca (10,25-37), che presenta la liturgia di oggi, il Santo Padre indica come la parabola del buon samaritano capovolga il baricentro, mettendo al centro non “noi stessi, ma gli altri, con le loro difficoltà“. Le necessità degli altri, ha detto Bergoglio, “ci interpellano, e quando gli altri non ci interpellano, qualcosa lì non funziona; qualcosa in quel cuore non è cristiana“.
Tuttavia, la domanda, che faceva il dottore della legge all’epoca e che anche noi ci facciamo oggi, è “chi è il mio prossimo?“. Nella vita incontriamo tanti “prossimo” e, tra tutti questi, “Chi devo amare come me stesso? I miei parenti? I miei amici? I miei connazionali? Quelli della mia stessa religione?… Chi è il mio prossimo?“. E la parabola del buon samaritano nasce proprio per rispondere a questa domanda.
In essa Gesù ribalta “completamente la prospettiva iniziale del dottore della legge – e anche la nostra! –: non devo catalogare gli altri per decidere chi è il mio prossimo e chi non lo è – ha spiegato Papa Francesco – Dipende da me essere o non essere prossimo. La decisione è mia. Dipende da me essere o non essere prossimo della persona che incontro e che ha bisogno di aiuto, anche se estranea o magari ostile“.
Gesù con questa parabola ci sta invitando ad uscire da casa nostra, dalla nostra tranquillità, e ci dice ci farci “prossimo del fratello e della sorella che vedi in difficoltà. “Va’ e anche tu fa’ così”. – ha commentato il Vescovo di Roma – Fare opere buone, non solo dire parole che vanno al vento… Fare! Fare! E mediante le opere buone che compiamo con amore e con gioia verso il prossimo, la nostra fede germoglia e porta frutto“.
Ci farà bene, dunque, in questa domenica e durante tutta questa settimana farci un breve esame di coscenza, domandandoci: “– ognuno di noi risponda nel proprio cuore – domandiamoci: la nostra fede è feconda? La nostra fede produce opere buone? Oppure è piuttosto sterile, e quindi più morta che viva? Mi faccio prossimo o semplicemente passo accanto? Sono di quelli che selezionano la gente secondo il proprio piacere? – ha quindi concluso Papa Francesco – Queste domande è bene farcele e farcele spesso, perché alla fine saremo giudicati sulle opere di misericordia; il Signore potrà dirci: “Ma tu, tu, tu, ti ricordi quella volta sulla strada da Gerusalemme a Gerico? Quell’uomo mezzo morto ero io. Ti ricordi? Quel bambino affamato ero io. Ti ricordi? Quel migrante che tanti vogliono cacciare via ero io. Quei nonni soli, abbandonati nelle case di riposo, ero io. Quell’ammalato solo in ospedale che non va a trovare nessuno ero io!”