Come Contattare Papa Francesco

scrivere papa francescoSempre più persone esprimo l’esigenza di contattare Papa Francesco per affidargli le proprie preoccupazioni e chiedergli di pregare per loro: chi affida al Pontefice il racconto della propria vita, chi chiede un consiglio al Papa, chi desidera raccontargli i propri drammi personali, chi invece vede nella saggezza del Vescovo di Roma un’ancora di salvataggio che gli permette di non perdersi del tutto, chi invia una poesia o un sciarpa o un qualsiasi oggetto con affetto, come lo si consegnerebbe al vicino di casa.

Ormai moltissime persone scrivono ogni giorno a Papa Francesco a quell’indirizzo così semplice da ricordare, così familiare che sembra essere quello di un amico che è lì da sempre che aspetta, pronto a dare conforto.

Non tutti sanno però che l’Ufficio Corrispondenza di Papa Francesco, che riceve tutta questa moltitudine di lettere è composto da appena quattro persone: a capo vi è mons. Giuliano Gallorini aiutato da due signore laiche e suor Anna che devono gestire e rispondere a corrispondenza che giunge in tutte le lingue del mondo.

Si tratta di un lavoro molto complesso per un così piccolo gruppo ma che viene svolto in maniera minuziosa ogni giorno: sarebbe infatti impossibile per Papa Francesco leggere e rispondere personalmente a migliaia e migliaia di lettere.

La prima attività, spiega proprio mons. Gallorini è smistare le lettere in base alla lingua, poi le buste vengono aperte e ne viene letto il contenuto. Viene risposta ad ogni lettera ricevuta mentre i casi più complessi, i casi di coscienza vengono direttamente affidati ai segretari del Pontefice affinché sia Papa Francesco stesso a rispondere, o meglio a dare delle indicazioni su come rispondere.

Non tutte le lettere inviate al Pontefice, dunque, vengono lette personalmente da Papa Francesco ma il suo Ufficio Corrispondenza si fa carico di condividere la sofferenza di ogni persona che scrive a Bergoglio e di rispondere con lo stile e con le parole del Pontefice, sottoponendo a questi i casi più gravi.

Come scrivere a Papa Francesco

Per tutti coloro che volessero scrivere al Pontefice, l’indirizzo postale di Papa Francesco:

Sua Santità Francesco, Casa Santa Marta, 00120 Città del Vaticano

Papa Francesco non possiede un indirizzo email pubblico, pertanto se si desidera scrivergli é necessario farlo via posta tradizionale all’indirizzo sopra riportato.

Come partecipare a una udienza pubblica di Papa Francesco

Per incontrare il Papa partecipando a una udienza pubblica del Pontefice sono necessari dei biglietti che sono gratuiti e che vengono rilasciati dalla Prefettura della Casa Pontificia.

Per richiedere i biglietti possiamo

  • 1) inviare un fax al numero +39 06 698 858 63, indicando l’udienza alla quale si intende partecipare e il numero dei partecipanti utilizzando questo sito;
  • 2) richiedere i biglietti via posta ordinaria – utilizzando sempre lo stesso modulo sopra riportato e indicando i dati sopra evidenziati – scrivendo alla Prefettura della Casa Pontificia, 00120 Città del Vaticano.

Per ulteriori informazioni, potete contattare la Prefettura della Casa Pontificia telefonando ai numeri +39  06 698 848 76, +39 06 698 831 14, +39 06 698 832 73 dalle ore 9 alle ore 13.

I biglietti, infine, saranno consegnati ai richiedenti nell’apposito Ufficio che troveremo dentro al Portone di Bronzo ubicato nel colonnato di destra in Piazza San Pietro.

Come ricevere la benedizione di Papa Francesco

Per ricevere la benedizione speciale di Papa Francesco si deve utilizzare questo sito seguendo tutte le procedure indicate impostando il tipo di pergamena, i vostri dati personali, i dati da inserire nella pergamena e infine facendo una piccola donazione.

La benedizione può essere richiesta per i seguenti sacramenti ed occasioni speciali: Battesimo, Prima Comunione, Cresima; Matrimonio; Consacrazione Secolare; Professione Religiosa; Ordinazione Diacono permanente; Ordinazione Presbiterale; Benedizione di Matrimonio o di Professione Religiosa; Benedizione di Compleanno; Benedizione di Persona singola cattolica o famiglia. Alcune benedizioni necessitano del nulla osta del parroco, pertanto é consigliabile richiedere informazioni in merito al vostro parroco prima di inviare la richiesta al Papa. Va detto infine che la benedizione é gratuita ma vi é un costo da sostenere per la pergamena. La benedizione é disponibile in 6 lingue differenti.

7.982 pensieri su “Come Contattare Papa Francesco

  1. credo che qualcuno dovrebbe spiegare a tutti i cristiani, cominciando da Papa Francesco, che Dio aveva scelto gli ebrei come popolo eletto al di sopra di tutti i popoli della terra ma che poi Dio si fece uomo ebraico di nome Gesú per salvare gli ebrei dall’oscuritá i quali rinnegarono Dio e addirittura lo condannarono a morte e poi usarono il suo potere per creare un popolo di schiavi che si occupassero di conquistare il mondo in nome del loro Dio ma che in realtá era soltanto in nome del popolo ebraico che con Dio non avevano piú niente a che fare dal giorno in cui lo rinnegarono e quindi lasciando perdere tutto il male che i cristiani hanno fatto per conquistare il mondo in nome degli ebrei loro padroni e signori, credo che dato che i cristiani hanno seguito gli ordini di Dio fattosi uomo in Gesú, ora siano loro il popolo scelto da Dio eletto al di sopra di tutti i popoli del pianeta e non gli ebrei come ci viene predicato ….

    bisognerebbe incominciare con l’eliminare dalle Sante Messe tutte quelle sacre letture che descrivono gli ebrei come il popolo eletto da Dio al di sopra di tutti i popoli e cosí facendo dare inizio alla liberazione degli schiavi cristiani dai loro padroni ebrei ….

  2. GESU’ CRISTO, COLUI CHE 2OOO ANNI FA, HA PORTAT0 LA SALVEZZA, ORA, ALLA SUA SECONDA VENUTA, PORTA ALL’UMANITA’ LA PACE!

  3. Ho ricordo, di un mio amato sogno fatto molti anni fa a Roma. Quello di unificare tutte le Religioni in Dio Uno L’Unico L’Eterno. Ho ricordo di quel Santissimo sogno, avuto attraverso Dio L’Unico L’Eterno, per l’ottenimento della Pace Mondiale dell’Umanità, possa il Padre Eterno, esaudire per L’Umanità tale mia preghiera espressa. ( Giovanni Ioannoni )

  4. ANCHE SOTTO IL PROFILO TEOLOGICO DOTTRINALE, TUTTO PUO’ MUTARE, SECONDO IL VOLERE DI NOSTRO SIGNORE L’IDDIO UNO L’UNICO, ANCHE ATTRAVERSO NOI SEMPICI ED UMILI UMANI. IL VOLERE DI DIO, INCIDE ANCHE SU DI NOI PECCATORI REDENTI CI PORTA A TRASMETTERE LA SUA PAROLA DIVINA!

    QUANDO LA CONCILIAZIONE VERSO L’UN L’ALTRO SARA’ IN NOI, L’UNIFICAZIONE MONDIALE DELLE UNIONI DELLE RELIGIONI E SUE FEDI SARA’ IN NOI UMANITA’, NEI NOSTRI MADRE, PADRE, FIGLIO, SPIRITO SANTO E DEL SOLE, DOVE IL SOLE VA VISTO ANCHE COME GESU’ CRISTO STESSO, COME PARTE DI DIO, L’UNICO L’ETERNO L’ONNIPOTENTE, L’ONNISCENTE STESSO, IL TEMPO E’ ADESSO! LA FEDE IN CONTINUO CAMMINO, NELLA NUOVA RIVOLUZIONE RELIGIOSA SPIRITUALE, E’ NEL SEGNO DELLA CROCE, ESSA SI ATTESTA QUALE PIETRA ANGOLARE NELLA PIRAMIDE DELL’UMANITA’ SUL PIANETA TERRA! PRENDIAMONE COSCIENTEMENTE E CONVINTAMENTE PARTE, FACCIAMOLO GIOIOSAMENTE, SIA LA NOSTRA PIU’ PURA E VERA SCELTA VERSO L’UNIFICAZIONE MONDIALE DELLE RELIGIONI, NELLA FEDE IN CONTINUO CAMMINO UNIVERSALE!

    Noi non siamo il corpo fisico che momentaneamente abitiamo, è il corpo fisico che serve l’anima che noi siamo, e che ridoniamo all’amata terra all’abbandonare del veicolo corporeo, che ringraziamo infinitamente per il dono ricevuto, riprendendo il proseguo del cammino dell’anima, verso l’Eternità che noi siamo in Dio nostro Signore, visto anche, che noi si vive una sola volta alla volta, secondo il volere di nostro Signore L’Iddio Uno L’Eterno!

  5. Ci vorrebbe una e-mail diretta senza filtri.
    Solo così si potrebbe contattare Papa Francesco.
    Grazie, buona serata
    Gabriele

  6. Mi sono impegnato a restare nell’orbita del DEMOLIZIONISMO, è quindi utile prendere un po’ le misure di questo ‘filone di pensiero’, affrontando gli anfratti più profondi dell’indispensabile atto demolitorio, per dimostrare come la demolizione sia l’altra faccia della rigenerazione.
    La questione è molto semplice: le fasi stabili, democratiche, di progresso e di benessere, come quella che indubbiamente abbiamo vissuto negli ultimi 50 anni, producono meraviglie e lasciano scorie sul terreno, e ciò avviene anche a livello del corpo sociale.
    In particolare, mentre nella fase post bellica e della ripartenza vi fu un impegno quasi unanime nella direzione della rinascita e dello sviluppo, con la conquista dei primi spazi di benessere e dei primi traguardi in campo economico, hanno cominciato a manifestarsi con sempre maggiore evidenza le sacche di parassitismo di tutti coloro che trovavano più comodo accomodarsi sul lavoro e sull’impegno degli altri, per evitare fatiche, rischi e preoccupazioni di sorta.
    Il problema è squisitamente aritmetico ed il discrimine è dettato dalla percentuale di chi produce rispetto alla percentuale di chi trova il modo di farsi mantenere dal sistema.
    E’ evidente che se 90 producono e 10 si accomodano (come poteva essere nelle prime fasi della ripresa) permangono ancora notevoli spazi di crescita e di miglioramento della situazione generale, ma se la percentuale si inverte (e certamente non siamo ancora in tale nefasta prospettiva), non può esserci altro che un generale tracollo.
    Non è necessario allora scomodare complesse teorie macro economiche o monetarie per comprendere l’essenza della crisi, è sufficiente aprire gli occhi e, guardandosi intorno, stimare l’entità di produttori rispetto ai parassiti (ancorché la distinzione tra le due categorie sia alquanto fluida e poco incline alle semplificazioni).
    Va poi aggiunto che, mentre in una prima fase del lungo periodo di sviluppo che ha contraddistinto l’ultimo mezzo secolo, potevamo collocare geograficamente le sacche di parassitismo, con l’evolversi del fenomeno, lo stesso ha assunto forme nuove, più complesse, dilagando senza controllo a tutti i livelli ed in tutto il Paese, pur mantenendo proporzioni molto differenti tra Nord e Sud e tra le diverse realtà locali.
    Il nuovo parassitismo si è istituzionalizzato, è stato sdoganato e benedetto dalla burocrazia, che ha indotto nuovi bisogni, spesso del tutto fittizi, per giustificare la presenza di un esercito di addetti del settore terziario direzionale e dei servizi, impegnati nella quotidiana opera di districo di matasse che essi stessi sono chiamati, per altri versi ad ingarbugliare.
    Sarebbe stato facile scagliarsi sulle false pensioni di invalidità, sugli sprechi, o sulle maxi rendite degli alti funzionari, lì sì adoperando il piccone; il problema è invece nell’involuzione sistematica, progressiva, accettata da tutti, di un sistema che scelleratamente colpisce i produttori, e quindi la propria forza e la propria ricchezza, per spostare l’interesse, le tutele, le garanzie ed i privilegi sui funzionari, sui burocrati, sugli impiegati, sui lavori di intelletto, degradando il lavoro manuale, la capacità d’impresa, l’iniziativa privata, costantemente ostacolata, penalizzata, costretta ad incomprensibili ed ingiustificate gimcane tra leggi, regolamenti, controlli, prescrizioni.
    Da tutto ciò origina e si alimenta la corruzione dilagante e naturalmente la crisi di un sistema che, assediato, e di fatto dominato da parassiti, fatica a scrollarseli di dosso per ripartire, perché si tratta ormai di un sistema vecchio, sopito, accomodato.
    Siamo al paradosso per il quale i parassiti al potere hanno la forza e l’arroganza di accusare di parassitismo coloro che li sfamano e li mantengono.

    E faccio qui esplicito riferimento alla vergognosa campagna di stampa dell’estate con la quale in maniera semplicistica generalizzata e grottesca si accusava di parassitismo un generico ‘evasore fiscale’, da parte di uno Stato, e quindi di una collettività che nello Stato si rappresenta, insaziabile, incapace di un’oculata gestione del danaro pubblico, permeata da un’elevata corruzione e soprattutto sempre meno disposta a lavorare, a produrre, ad innovare, a mettersi in gioco.

    Si capisce quindi come in una situazione così compromessa non si possa intervenire con il piccone, ma neppure con il bisturi.
    Siamo affetti da una subdola malattia auto immune che può essere debellata o con una cura drastica, come paventa qualcuno, che porterebbe ad una facile morte del paziente, o con un paziente lavoro di rigenerazione sociale, attraverso la riscoperta dei valori, dell’identità, attraverso un nuovo patto generazionale che si poggi sulla prospettiva di un progresso sociale che non sia asettico, monetario e genericamente mondialista, ma che si saldi sull’appartenenza ad un territorio e ad un popolo, per marciare uniti verso il futuro.
    E’ la prospettiva Edenamista, che considera come il progresso si attui attraverso una alternanza tra fasi stabili di crescita e sconvolgimenti dinamici che rimescolano le carte per ripartire verso uno stadio successivo, ma che al contempo opera per controllare il più possibile le fasi di cambiamento al fine di limitarne gli effetti più deleteri, dolorosi e drammatici.
    In questa prospettiva si pone, ambiziosamente, questo periodico di opinione che si propone di rivalutare la nostra identità, l’amore per la nostra terra, il nostro passato ed il nostro prossimo.

  7. Sono da una settimana in Portogallo ed in tutte le Cattedrali o Basiliche chiedono soldi per l’ingresso. A Lisbona hanno chiuso addirittura la Porta Santa adducendo motivi di ristrutturazione (durante il Giubileo!). Oggi son a Braga ed alla Cattedrale mi hanno chiesto €2,50 per entrare. All’ingresso un energumeno tipo buttafuori che quando ho chiesto se fosse al corrente che Francesco non condivideva la richciesta di danaro e ticket, mi ha risposto che il Papa comanda a Roma ma non a Braga! Anche in biglietteria mi hanno ripetuto che da loro la regola è quella ed i furbi sulla ricevuta mettono “ingresso ad un fantomatico tesoro” . È incredibile la sfacciataggine di questi personaggi che minano continuamente il messaggio del Santo Padre. Che dire?!

  8. Al clero naufragato nelle grazie : APRITE LE CHIESE AI MIGRANTI, cedete i vostri beni e i vostri idoli, gli Umili non ne hanno bisogno. Siate davvero cristiani come predicate e non scordatevi di come avete distorto la storia, che le gabbie di San Lamberto vi ricordino a quale costo vi siete arricchiti. Le preghiere non bastano se non agite contro la vostra deriva spirituale, Cristo era un’altra cosa, e voi non ci assomigliate per niente.

  9. Bisogna denunciare.
    Non si può tacere.
    Quando la prepotenza dei poteri forti ti schiaccia, non resta che cercare qualcuno con un po’ di coraggio che almeno renda noto il sopruso.
    Nell’anno del signore 1710; Prima rivoluzione industriale; nel borgo metropolitano di Birmingham, nella contea delle West Midlands nell’Inghilterra centrale.
    RobertFisherman, operaio minatore si reca a lavoro come tutte le mattine. All’ingresso un capetto lo ferma e gli dice:
    <><><> Così dicendo se ne va. Robert furioso disubbidisce e sale in ascensore con la gabbietta, a bordo c’è un altro operaio mai visto prima d’allora e con lui fa l’errore di sfogarsi: <> L’arrabbiatura per il sopruso ricevuto gli provoca un malore, viene portato d’urgenza in infermeria dove il medico si rende conto che la cosa è molto più grave di quel che sembrava e lo tiene a casa per alcuni giorni. Al ritorno Robert Fisherman operaio minatore non ha più un lavoro, è stato licenziato in tronco per aver offeso e diffamato un capetto.

    Déjà vu.
    Nell’anno del signore 2014; Giubileo della misericordia; nella città di Roma, capitale d’Italia.
    Roberto Canarezza, operaio addetto all’accoglienza dei senza tetto nella struttura della Caritas ad Ostia, si reca a lavoro dopo un periodo di ferie.
    All’ ingresso il capetto Farneti lo ferma e gli dice: <><><> Così dicendo se ne va. Roberto furioso disubbidisce ed entra con il cane a bordo della sua macchina, sceso per prendere servizio lo avvicina un altro operaio un certo Flamini mai visto prima d’allora e con lui fa l’errore di sfogarsi: <> L’arrabbiatura per il sopruso ricevuto gli provoca un malore, un ambulanza lo preleva dal posto di lavoro e lo porta d’urgenza all’ospedale dove viene ricoverato in codice rosso, rimane ricoverato per circa 15 giorni in quel periodo viene raggiunto dalla lettera di richiamo che gli preannuncia il licenziamento. Così dopo 25 anni di onorato servizio prestato alla Caritas, Roberto Canarezza è stato licenziato in tronco per aver offeso e diffamato un capetto.

    Excursus lavorativo.
    La vicenda di Roberto Canarezza non può prescindere dal suo percorso all’interno delle strutture d’accoglienza per i senza tetto, più comunemente definiti “barboni”, della Caritas di Roma. Il suo rapporto di lavoro inizia 25 anni fa, con la scusa del volontariato i primi anni lavora e viene pagato in nero, presso la sede della stazione termini di via Giolitti. La notte di Pasqua del 2000 uno degli ospiti in fila alla mensa dei poveri, gli cava un occhiocon un colpo di bottiglia. Casualmente il suo collega di lavoro si chiama Farneti, “il futuro capetto” e al momento del fattaccio si è ingiustificatamente allontanato. Il suo datore di lavoro si sbriga a regolarizzarlo, ma ormai è troppo tardi per l’Inaillui non èmai esistito. Viene opportunamentetrasferito nella struttura della stazione casilina, un caseggiato disabitato regalato dalle ferrovie dello stato, li è completamente solo, il suo lavoro consiste nello stoccare montagne di brande utili in un futuro prossimo. In quella occasione per la prima volta porta a lavoro il suo cane un po’ per compagnia e un po’ per aiutarlo a controllare l’enorme area. Nessun superiore trova niente da ridire. In seguito ad una ristrutturazione societaria tutte le cooperative facente capo alla Caritas vengono inglobate in una, nasce il problema delle liquidazioni.Altro colpo di genio, la dirigenza propone ai dipendenti di non riscuoterle,anzi, di vincolarle in un fondo gestito da loro scadente nel 2018. Roberto per amicizia, sicuro che nessuno gli tirerà brutti scherzi aderisce, così ora ha preso solo la minima parte del tfr spettante, perché una firma dice che potrà averli solo alla scadenza. In seguito le sue capacità di comunicazione vengono riconosciute dal sig.re Bignami che ne richiede il trasferimento presso la casa famiglia di Fidene che dirige sempre perconto della Caritas. Il cane diventa la mascotte degli ospiti. Per le stesse capacità nel 2007 viene richiesto nella sede di Ostia, dove chi la dirige “il capetto Farneti” non è all’altezza della situazione, a chiamarlo è la sua amica non che responsabile d’area sig.ra Molina,che gli dice che la struttura è allo sbando e la delinquenza spadroneggia all’interno dei locali. All’osservazione di Roberto che quello stato di cose è imputabile direttamente all’incapacità del dirigente, si sente rispondere: <> Sorvolando totalmente sulla presenza del cane. Rassicurato dall’amica nonchè superiore, Roberto si trasferisce ad Ostia. La situazione in effetti è davvero grave ed almeno in un paio di situazioni Roberto è costretto a intervenire in soccorso dello stesso capetto, preso a schiaffi in piena sala mensa dal solito ospite esagitato. Con gli anni la struttura diventa più sicura e sede di varie iniziative territoriali. A riferirlo è in prima persona Don Franco responsabile della Caritas diocesana di Ostia, l’unico a riconoscere in Roberto le sue doti e l’esperienza accumulata in questo strano lavoro. Invece si sbaglia è solo un vecchio a cui è stata concesso troppa autonomia,per di più assunto a tempo pieno,in anni in cui gli operai avevano il diritto di parlare dell’incapacità del suo diretto superiore. Molto meglio assumere un giovane a tempo determinato, disposto a fare qualsiasi cosa pur dimantenere il posto allo scadere del contratto.Dopo 300 anni il cerchio si è chiuso e si è tornato al punto di partenza, Roberto e Robert sono la stessa persona.

    Conclusioni.
    I padroni come la Caritas per “occuparsi dei più derelitti”, ricevono compensi comunali e donazioni miliardarie, utilizzando strutture fatiscenti omaggiate, dove sei fortunato se non dormi su un materasso infestato da cimici e zecche in camerate comuni, dove per lavarsi esiste un solo scaldabagno ogni 30 persone. Non si fanno scrupoli a trattare i dipendenti che dissentono come i materassi da disinfestare, licenziandoli in barba ai più elementari diritti dei lavoratori.“Diritti” calpestati impunemente anche nelle aule di tribunale,dove ben due giudici del lavoro hanno sentenziato che l’offesa al capetto è troppo grave e il licenziamento per giusta causa è più che legittimo.Poco importa se una persona di sessantatreenne a pochi anni dalla pensione finisce senza alcun reddito per strada, indebitato da due anni di mancanza di stipendio e spese legali, con il rischio più che reale di trovarsi in fila fuori al cancello che una volta presidiava.
    Il lavoro senza diritti non ha dignità e il lavoro segna dignità si chiama schiavitù.

    Gli artefici del confronto titanico meritano di essere citati uno per uno, assieme alle loro memorabili citazioni.

    Mons. Feroci; legale rappresentante pro tempore della Caritas.
    A detta del suo avvocato “in odore di porpora cardinalizia “.
    Se ne lava le mani dicendo, “che non ne sapeva niente e che di queste cose se ne occupa il direttore generale”.
    Mai presente in aula troppo impegnato per parlare anche solo per telefono con un suo dipendente prelevato sul posto del lavoro e portato di corsa in ospedale.

    Il sig.re Iannone; Direttore generale della cooperativa che si occupa della Caritas.
    Vero artefice dell’operazione. Autore della frase, “ci conosciamo da tanti anni, ti fidi di me, la Caritas non ha mai abbandonato nessuno”.

    Il sig.re Milito;Capo del personale della cooperativa che si occupa della Caritas.
    Che dichiara in aula “non conosco il nome degli impiegati di ostia, non ero presente, e i dipendenti di quella struttura non sono stati licenziati in blocco, ma se ne sono andati a fine contratto determinato, così come dice la legge”.

    La sig.raMolina; Capo area della cooperativa che si occupa della Caritas.
    L’ Amica voltagabbana, autore della frase, “non ti preoccupare tu risponderai direttamente a me”.
    Sparita dalla circolazione pochi giorni prima dei fatti e mai più rintracciata.

    Ilsig.reFarneti; responsabiledella struttura di Ostia.
    Nonostante la carica, presente molto saltuariamente nella sede a lui assegnata, ma presentissimo il giorno del rientro dalle ferie di Roberto. Sempre molto allineato con la dirigenza, incapace di giudizi propri del tutto ignaro del significato della parola dignità.

    Il sig.re Flamini; operaio “pro temporissimo” nella struttura di Ostia.Dopo quel giorno è tornato a lavorare nelposto dove lavorava e da dove proveniva.
    La spia mai visto prima, che raccoglie le confidenze della vittima per correre subito a spifferarle al capetto.
    Non si sa se in grado d’intendere il suo ruolo nella messa in scena.

    L’avvocato Virone; Legale della cooperativa che si occupa della Caritas.
    Un vero azzeccagarbugli. Scortato sempre da due ragazze, “sarei curioso di sapere se pagate quanto e come?”Sembrava una star, sempre pronto al servizio della causa supplendo alla mancanza dello scrivano, chiamava il giudice “Decano.” Per tributargli il giusto rispetto, forse aveva una scheda anche sui giudici per meglio impressionarli. Ma in verità non ne aveva bisogno. Lui è l’autore di frasi tipo “La funzione religiosa e umanitaria della Caritas certi linguaggi non può accettarli.” Oppure “anch’io avevo un cane a cui ero affezionato ma non lo portavo a lavoro.” Oppure nella penultima udienza, “non chiederete mica 80mila euro.” E poi “potremmo valutare un’offerta solo se di questa storia non si sappia niente al di fuori di qui.” E poi nell’ultima udienza la perla di saggezza che dimostra la sua grande competenza.“La cooperativa offre 6000 euro, io sono solo un esecutore, faccio solo quello che mi dicono.”
    Ma la cosa più grave, fu presentare al ricorso altri 4 testimoni, falsi, visto che allo svolgersi dei fatti erano solo Roberto e Flamini, dato appurato già nel precedente grado di giudizio.

    La giudice del primo grado Magaldi;anche se al corrente fin dalla prima udienza,che non c’erano altri testimoni ai fatti. Riteneva necessario ascoltare per un anno e mezzo i testimoni più disparati, che non potevano non parlare dell’integrità morale di Roberto. Bene, forse voleva avere un quadro d’insieme per andare al di là dei fatti specifici, per poi poter giudicare 25 anni di lavoro dove risultava che Roberto aveva avuto una solo lettera di richiamo per una visita medica fatta in ritardo, fatto successo troppi anni prima per avere rilevanza in questa causa. Era così interessata da voler vedere a tutti i costi una foto del cane pluridecorato, gli auspici erano buoni ma la sentenza no.

    Il giudice del ricorso Antonio Maria Luna; lui fu una vera rivelazione, già alla prima udienza non prende in considerazione nemmeno per un attimo l’audizione di altri testimoni veri o falsi che siano, sferza il povero azzeccagarbugli con frasi tipo, “non si può licenziare una persona di 63 anni chi mai lo riassumerebbe.”
    Oppure “Riassumetelo anche part-time a contratto determinato in modo da poterlo portare alla pensione.” Oppure “Se proprio non lo volete riassumere dovete trovare un accordo che sia soddisfacente per Lui.”Sembrava fin troppo a favore, ma anche questa volta la sua sentenza fu essenziale quanto lapidaria. “Rigetto L’opposizione e condanno Roberto Canarezza al pagamento alla cooperativa di € 4039,00 per spese di lite.”

    Chiunque voglia approfondire e portare alla ribalta pubblica questa vicenda è ben accetto, anche perché non abbiamo i soldi per poter continuare la causa in appello.

    Firmato:
    Stefano Canarezza, fratello della vittima.
    Nonchè, capo del personale di una ditta privata dove tutti i dipendenti sono assunti a tempo indeterminato, di cui conosce il loro nome, oltre a quello dei loro genitori e dei loro figli. Forse non è lo stesso mestiere che fa il capo del personale della cooperativa facente capo alla Caritas.

  10. Vorrei scrivere tante cose di Gesù Bibbia volontariato opere di bene. Ma mentirei .il mio problema è un Po grave non riesco più a vivere con serenità. Grazie al cielo non è di salute ma………….. .. …tu che sei misericordioso sicuramente avrai capito ciao da stefano

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