All’Udienza Generale Papa Francesco proseguiamo il viaggio col libro degli Atti degli Apostoli. Dopo le prove vissute a Filippi, Tessalonica e Berea, Paolo approda ad Atene, proprio nel cuore della Grecia. Qui l’Apostolo «freme dentro di sé al vedere la città piena di idoli». Questo “impatto” col paganesimo lo spinge a creare un ponte per dialogare con quella cultura.
Paolo sceglie di entrare in familiarità con la città e inizia così a frequentare i luoghi e le persone più significativi. Va alla sinagoga, simbolo della vita di fede; va nella piazza, simbolo della vita cittadina; e va all’Areopago, simbolo della vita politica e culturale. Incontra giudei, filosofi epicurei e stoici, e molti altri. Incontra tutta la gente, non si chiude, va a parlare con tutta la gente. In tal modo Paolo osserva la cultura osserva l’ambiente di Atene «a partire da uno sguardo contemplativo» che scopre «quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade e nelle sue piazze». Spiega quindi il Santo Padre che Paolo guarda la città di Atene e il mondo pagano con gli occhi della fede. E questo ci fa interrogare, dice Francesco, sul nostro modo di guardare le nostre città: le osserviamo con indifferenza? Con disprezzo? Oppure con la fede che riconosce i figli di Dio in mezzo alle folle anonime?
Paolo sceglie lo sguardo che lo spinge ad aprire un varco tra il Vangelo e il mondo pagano. È nell’Areopago che egli realizza uno straordinario esempio di inculturazione del messaggio della fede: annuncia Gesù Cristo agli adoratori di idoli ma facendosi «pontefice, costruttore di ponti» spiega Bergoglio.
Lo scritto continua dicendo che Paolo prende spunto dall’altare della città dedicato a «un dio ignoto» c’era un altare con scritto “al dio ignoto”. Partendo da quella “devozione” al dio ignoto, per entrare in empatia con i suoi uditori proclama che Dio «vive tra i cittadini» e «non si nasconde a coloro che lo cercano con cuore sincero, sebbene lo facciano a tentoni» (ibid.). È proprio questa presenza che Paolo cerca di svelare: «Colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio».
Papa Francesco spiega che per rivelare l’identità del dio che gli Ateniesi adorano, l’Apostolo parte dalla creazione per giungere alla redenzione al messaggio propriamente cristiano. Egli mostra la sproporzione tra la grandezza del Creatore e i templi costruiti dall’uomo, e spiega che il Creatore si fa sempre cercare perché ognuno lo possa trovare. In tal modo Paolo, secondo una bella espressione di Papa Benedetto XVI, «annuncia Colui che gli uomini ignorano, eppure conoscono: l’Ignoto-Conosciuto». Poi, invita tutti ad andare oltre «i tempi dell’ignoranza» e a decidersi per la conversione in vista del giudizio imminente. Paolo approda così al kerygma e allude a Cristo definendolo come l’«uomo che Dio ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti».
Ma la parola di Paolo, che finora aveva tenuto gli interlocutori con il fiato sospeso trova uno scoglio: la morte e risurrezione di Cristo appare «stoltezza» e suscita scherno e derisione spiega Francesco. Paolo allora si allontana: il suo tentativo sembra fallito, e invece alcuni aderiscono alla sua parola e si aprono alla fede. Tra questi un uomo, Dionigi, membro dell’Areopago, e una donna, Damaris. Anche ad Atene il Vangelo attecchisce e può correre a due voci: quella dell’uomo e quella della donna!
Infine il Santo Padre conclude chiedendo allo Spirito Santo di insegnarci a costruire ponti con la cultura, con chi non crede o con chi ha un credo diverso dal nostro. Sempre costruire ponti, sempre la mano tesa, niente aggressione. Chiediamogli la capacità di inculturare con delicatezza il messaggio della fede, ponendo su quanti sono nell’ignoranza di Cristo uno sguardo contemplativo, mosso da un amore che scaldi anche i cuori più induriti.
1 pensato per “Costruire ponti con chi non crede o ha un credo diverso”