All’Angelus il Pontefice invita a riflettere sul Vangelo di Matteo 5,17 nel quale Gesù annuncia di essere venuto per portare a compimento la Legge e i Profeti.
La parola compimento cosa indica in questo caso? L’esempio che fa Gesù è quello del rito dell’offerta, che era molto importante poiché veniva utilizzata per ricambiare i doni del Signore. Un rito importante che non poteva essere interrotto se non per motivi gravissimi.
“Ma Gesù afferma che si deve interromperlo se un fratello ha qualcosa contro di noi, per andare prima a riconciliarsi con lui: solo così il rito è compiuto. Il messaggio è chiaro: Dio ci ama per primo, gratis, facendo il primo passo verso di noi senza che lo meritiamo; e allora noi non possiamo celebrare il suo amore senza fare a nostra volta il primo passo per riconciliarci con chi ci ha ferito. Così c’è compimento agli occhi di Dio, altrimenti l’osservanza esterna, puramente rituale, è inutile, diventa una finzione”.
Questo significa che è giusto osservare le norme religiose, ma non deve essere solo quello, bisogna andare oltre, capirne il senso. “Gesù vuole questo: non avere l’idea di servire un Dio padrone, ma il Padre; e per questo è necessario andare oltre la lettera”.
Un problema esistente ancora oggi. Si fa il minimo indispensabile, “per esempio, si sente dire: ‘Padre, io non ho ucciso, non ho rubato, non ho fatto male a nessuno…’, come dire: ‘Sono a posto’. Ecco l’osservanza formale”. E non è giusto. Dio ci ama in piena interezza, l’amore va oltre, questo ci ha insegnato Gesù con il perdono. “E ci ha affidato il comandamento a cui più tiene: che ci amiamo gli uni gli altri come Lui ci ha amati. Questo è l’amore che dà compimento alla Legge, alla fede, alla vera vita!” E noi, come viviamo la nostra fede?