All’Udienza si torna a parlare di Giobbe, nel prosieguo della Catechesi sulla vecchiaia che ci sta accompagnando da alcune settimane. Giobbe che ha perso tutto e avvilito chiede perché.
Dopo aver ascoltato i tre amici che pensano di sapere cosa stia succedendo, Dio prende la parola e li rimprovera perché “presumevano di sapere tutto, sapere di Dio e del dolore, e, venuti per consolare Giobbe, avevano finito per giudicarlo con i loro schemi precostituiti. Dio ci preservi da questo pietismo ipocrita e presuntuoso! Dio ci preservi da quella religiosità moralistica.”
Dio si arrabbia per le loro parole, mentre è contento che Giobbe, nonostante tutto, non ha mai parlato male di Lui, “Giobbe ha parlato bene, anche quando era arrabbiato e anche arrabbiato contro Dio, ma ha parlato bene, perché ha rifiutato di accettare che Dio sia un ‘Persecutore’”. Quindi lo premia, restituendogli tutto e anche di più.
Quando Giobbe dice ‘Io so che il mio Redentore vive’ vuole significare “’Mio Dio, io so che Tu non sei il Persecutore. Il mio Dio verrà e mi renderà giustizia’. È la fede semplice nella risurrezione di Dio, la fede semplice in Gesù Cristo, la fede semplice che il Signore sempre ci aspetta e verrà.”
Questa parabola ci ricorda che anche oggi su alcune persone si abbattono tantissimi mali, che loro però sopportano stoicamente, in silenzio e con fede. Ma con amore protestano contro questi mali, e anche contro Dio. E Dio ascolta, seppur non risponde subito.
Ecco che nella vecchiaia, dopo averne viste tante, si “converte il risentimento per la perdita nella tenacia per l’attesa della promessa di Dio.” Il Pontefice conclude “essi hanno sofferto tanto nella vita, hanno imparato tanto nella vita, ne hanno passate tante, ma alla fine hanno questa pace, una pace – io direi – quasi mistica, cioè la pace dell’incontro con Dio.”