Dopo essere intervenuto in Duomo, ieri, Papa Francesco ha tenuto una messa nel Parco di Monza, sotto lo sguardo entusiasta e vigile di quasi un milione di persone. A bordo della consueta auto bianca scoperta, il Pontefice ha percorso il prato per salutare le persone accorse per partecipare all’appuntamento più importante della sua visita milanese.
La Messa celebrata a Monza è stata dedicata agli ultimi, alle persone comuni e agli emarginati. Perché davanti al palco bianco che ha accolto il coro c’erano proprio loro: famiglie in attesa di essere assegnate ad alloggi popolari e richiedenti asilo ospiti nei centri gestiti dalle cooperative; e poi ancora anziani, scout, disabili e studenti. A loro, agli ultimi, si è rivolta la sua parola. Perché “il nuovo tempio di Dio avrà luogo in posti che normalmente non ci aspettiamo, ai margini, in periferia”.
Dinanzi allo smarrimento in tempi in cui la speculazione la fa da padrone, e in questo “ritmo vertiginoso a cui siamo sottoposti e che sembra rubarci la speranza”, il Papa ha parlato di quelle situazioni “che sembrano renderci insensibili dinanzi alle innumerevoli sfide”. Le stesse sfide di cui aveva già parlato in mattinata in Duomo, a Milano, rivolgendosi al clero.
Più tardi, allo Stadio Giuseppe Meazza di San Siro, accolto da 80mila persone, il Pontefice si è rivolto principalmente ai giovani e ai loro genitori. “I genitori in questi tempi non possono o forse hanno perso l’abitudine di giocare con i loro figli, di “perdere tempo” con i figli. Un papà una volta mi ha raccontato che per lavoro non riusciva a vedere quasi mai i suoi figli. E’ brutto! E’ questa vita che ci toglie l’umanità”. Per questo i genitori farebbero bene a stare sempre accanto ai loro figli: “Non dimenticatevi – ha detto Francesco – che quando voi litigate i bambini soffrono e non crescono nella fede”.
A conclusione del suo discorso, poi, il Pontefice ha affrontato lo spinoso tema del bullismo, da lui definito un “fenomeno brutto”.
“Ragazzi – ha chiesto il Papa stavolta rivolgendosi ai giovani – nella vostra scuola o nel vostro quartiere c’è qualcuno che prendete in giro perché ha dei difetti? E a voi piace farlo vergognare e picchiarlo per questo? Questo si chiama bullismo”. “Il Signore – ha chiosato con un tono più serio – non permette che pratichiate bullismo. Dovete promettere che non lo farete. Mai prendere in giro, farsi beffa di un compagno di scuola o di quartiere. Promettete questo oggi?”. Unanime e caloroso il coro di “Sì” ricevuto in risposta.
La parola bullo, al posto del dovuto maltrattatore o violento, incita al comportamento violento e alla persecuzione di chi non piace. Le parole BULLO e BULLISMO sono state create per coprire i reati penali dei figli dei raccomandati-favoreggiati, in quanto deviano il significato reale. Il bullo è delinquente minorenne incapace o non avente voglia di controllarsi e di contenere il proprio odio chi compie reati violenti causando danni e lesioni alle persone e alle cose. Usare BULLO al posto di VIOLENTO è disonestá, menzogna. E le menzogne portano solo al male.