“Se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche“, ha affermato Papa Francesco durante la propria riflessione precedente la recita dell’. Infatti, ha spiegato il Pontefice, “l’umiltà, come la carità, è una virtù essenziale per la convivenza nelle comunità cristiane“.
Papa Francesco, commentando le Letture dle giorno, ha spiegato come Gesù, nell’elencare le Beatitudini, in apertura del discorso detto “della montagna” (cfr Mt 5,1-12a), ribalti il classico modo di pensare: la felicità non proviene dalla condizione che si vive o dalla condizione richiesta, ma dalla promessa finale.
“Il motivo della beatitudine, cioè della felicità, non sta nella condizione richiesta – per esempio, «poveri in spirito», «afflitti», «affamati di giustizia», «perseguitati»… – ma nella successiva promessa, da accogliere con fede come dono di Dio“, ha infatti chiarito Papa Francesco.
Premesso questo, per comprendere appieno cosa significhino le Beatitudini in ottica cristiana, il Vescovo di Roma si è soffermato sulla prima di questa: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (v. 4).
La prima domanda che ci porgiamo è: chi è il povero in spirito? “Il povero in spirito“, risponde Bergoglio, “è colui che ha assunto i sentimenti e l’atteggiamento di quei poveri che nella loro condizione non si ribellano, ma sanno essere umili, docili, disponibili alla grazia di Dio“. Questo si traduce in una duplice dimensione della “felicità dei poveri – dei poveri in spirito –“, ha proseguito il Papa, “nei confronti dei beni e nei confronti di Dio“.
“Riguardo ai beni, ai beni materiali, questa povertà in spirito è sobrietà: non necessariamente rinuncia, ma capacità di gustare l’essenziale, di condivisione; capacità di rinnovare ogni giorno lo stupore per la bontà delle cose, senza appesantirsi nell’opacità della consumazione vorace. – ha commentato – Più ho, più voglio; più ho, più voglio: questa è la consumazione vorace. E questo uccide l’anima. E l’uomo o la donna che fanno questo, che hanno questo atteggiamento “più ho, più voglio”, non sono felici e non arriveranno alla felicità“.
“Nei confronti di Dio”, ha spiegato il Vescovo di Roma, “è lode e riconoscimento che il mondo è benedizione e che alla sua origine sta l’amore creatore del Padre. Ma è anche apertura a Lui, docilità alla sua signoria: è Lui, il Signore, è Lui il Grande, non io sono grande perché ho tante cose! E’ Lui: Lui che ha voluto il mondo per tutti gli uomini e l’ha voluto perché gli uomini fossero felici“.
Se meditiamo su qesto comprendiamo come “il povero in spirito è il cristiano che non fa affidamento su se stesso, sulle ricchezze materiali, non si ostina sulle proprie opinioni, ma ascolta con rispetto e si rimette volentieri alle decisioni altrui” e per questo possiamo giungere ad affermare questa povertà in spirito come un modello cui tendere per le comunità cristiane: “se nelle nostre comunità ci fossero più poveri in spirito, ci sarebbero meno divisioni, contrasti e polemiche! L’umiltà, come la carità, è una virtù essenziale per la convivenza nelle comunità cristiane“.
“La Vergine Maria, modello e primizia dei poveri in spirito perché totalmente docile alla volontà del Signore, – è stata l’invocazione finale di Francesco – ci aiuti ad abbandonarci a Dio, ricco in misericordia, affinché ci ricolmi dei suoi doni, specialmente dell’abbondanza del suo perdono”.
Non si capisce chi è povero di spirito. La spiegaxione è peggio di pessima: non è chiara e comprensibile. C’è solo un ammasso di parole senza filo logico. Un povero depresso e masochista descritto nel testo non compie peccati di non misericordia verso se stesso e di accidia? Perchè lo spirito è condotto ai beni materiali e all’avarizia? Chi si rimette sotto altri diventa spesso complice dei reati, nell’indifferenza. Prima di tutto: cos’è spirito???