La riflessione di Papa Francesco nella , celebrata nel grande campo di Ñu Guazú, durante il , è stata centrata sul discepolato cristiano: il Papa, durante la propria omelia, ha tracciato le linee guida del buon cristiano, ricordando l’importanza dell’ospitalità, intesa come apertura del cuore.
Iniziando la propria riflessione dalla comunione tra Dio e il suo popolo, e della pioggia come segno della presenza di Dio nella terra lavorata dalle mani dell’uomo, il Santo padre ha parlato della fiducia che nasce dalla fede. “Una fiducia“, ha detto il Vescovo di Roma, “che si trasforma in testimonianza sui volti di coloro che ci incoraggiano a seguire Gesù, ad essere discepoli di Colui che non delude mai“.
A questo proposito il Francesco ha spiegato che il Vangelo parla del discepolato presentando la “carta d’identità del cristiano“, più precisamente: “Gesù chiama i suoi discepoli e li invia dando regole chiare e precise“, ha detto, “ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro …entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo.»(Mc 6,8-11).
Tra le parole di Gesù, il Papa, ha posto in rilievo la “ospitalità”: questa è una delle caratteristiche fondamentali della comunità cristiana. Gesù non manda i suoi discepoli come “potenti, proprietari, manager, responsabili delle leggi“, ma al contrario, Gesù mostra loro che “il cammino del cristiano è quello di trasformare il cuore“.
Come si trasforma il cuore, ha chiesto il Papa: “passando dalla logica dell’egoismo, della chiusura, della lotta, della divisione della superiorità – ha dunque spiegato – a quella della vita, della gratitudine, dell’amore; dalla logica del dominio, dell’abbassare, del manipolare alla logica dell’accogliere, ricevere, proteggere“.
La Chiesa è la “casa della ospitalità“: la Chiesa è madre, come Maria, e in essa, ha detto Francesco, “abbiamo il modello“: “ricevere come Maria che non si è fatta padrona e non si è appropriata della Parola di Dio, ma, al contrario, la ha ospitata, la ha concepita e la ha consegnata“.
Il Vescovo di Roma ha anche detto che “non possiamo costringere nessuno a ospitarci” così come nessuno può obbligarci a “non essere ospitali“, a non “ricevere e abbracciare la vita dei nostri fratelli, soprattutto di quelli che hanno perso la speranza e la gioia di vivere“.
“Come la terra che non domina il seme, ma lo riceve, lo nutre e lo fa germogliare“, ha dunque concluso Papa Francesco, e “come Maria”, che “ospita la vita di Dio nei nostri fratelli“, così vogliamo essere cristiani, sapendo che “il Signore ci darà la pioggia, la nostra terra produrrà frutti abbondanti“.