L’attesa dell’incontro finale con Dio, ha ribadito Papa Francesco durante la propria riflessione prima della preghiera mariana dell’, “non ci dispensa dall’impegno di rendere più giusto e più abitabile il mondo“; è proprio questo, infatti, l’insegnamento contenuto nel Vangelo del giorno, che il Pontefice ha commentato.
Innanzitutto, ha detto il Vescovo di Roma rivolgendosi ai numerosi fedeli accorsi in Piazza San Pietro, nel brano delle Scritture di oggi, Gesù ci ricorda quale sia il vero valore della elemosina, quale opera di misericordia. Quello di Gesù, laddove dice “«Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma» (v. 33). – chiarisce il Santo Padre – È un invito a dare valore all’elemosina come opera di misericordia, a non riporre la fiducia nei beni effimeri, a usare le cose senza attaccamento ed egoismo, ma secondo la logica di Dio, la logica dell’attenzione agli altri, la logica dell’amore.”
I beni di questo mondo, infatti, sono effimeri, non durano oltre la nostra propria esistenza tanto che lo stesso Gesù ricorda come “noi possiamo, essere tanto attaccati al denaro, avere tante cose, ma alla fine non possiamo portarle con noi. Ricordatevi che “il sudario non ha tasche”.“
A questo insegnamento Gesù, però, fa seguire tre parabole, le quali spostano il centro dell’attenzione dal momento finale, ovvero dal momento in cui ci ricongiungeremo con il Padre, all’attesa di questo momento: in parole povere, per mezzo di queste tre parabole Gesù “parla ai suoi discepoli dell’atteggiamento da assumere in vista dell’incontro finale con Lui, e spiega come l’attesa di questo incontro deve spingere ad una vita ricca di opere buone“.
Infatti la prima parabola ci mostra dei servi che attendono l’arrivo del loro signore: la vita di questi servi si beatifica nel “attendere con fede il Signore“, ha spiegato Francesco, nel “tenersi pronti, in atteggiamento di servizio“. Gesù dunque “prospetta la vita come una veglia di attesa operosa, che prelude al giorno luminoso dell’eternità. – ha ulteriormente chiarito – Per potervi accedere bisogna essere pronti, svegli e impegnati al servizio degli altri, nella consolante prospettiva che, “di là”, non saremo più noi a servire Dio, ma Lui stesso ci accoglierà alla sua mensa“.
Nella seconda parabola Gesù enfatizza il fatto di rimanere sempre attenti e svegli, in attesa del ricongiungimento finale: per fare questo utilizza “come immagine la venuta imprevedibile del ladro. Questo fatto esige una vigilanza – ha spiegato il Papa – infatti Gesù esorta: «Tenetevi pronti, perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo» (v. 40)“.
Infine, con la terza parabola, Gesù chiarisce ulteriormente come “il discepolo è colui che attende il Signore e il suo Regno” e in tal fine opera sempre correttamente. L’immagine che Gesù usa, infatti, è quella di un amministratore che “abusa della sua autorità e percuote i servi, per cui, al ritorno improvviso del padrone, verrà punito“.
Questa ultima immagine, purtroppo, il mondo la conosce molto bene: meditiamo su quante “ingiustizie, violenze e cattiverie quotidiane nascono dall’idea di comportarci come padroni della vita degli altri. Abbiamo un solo padrone a cui non piace farsi chiamarsi “padrone” ma “Padre”. Noi tutti siamo servi, peccatori e figli: Lui è l’unico Padre“.
“Gesù oggi ci ricorda che l’attesa della beatitudine eterna non ci dispensa dall’impegno di rendere più giusto e più abitabile il mondo“, ha dunque concluso Papa Francesco fornendo così la chiave di lettura del Vangelo del giorno “La Vergine Maria ci aiuti ad essere persone e comunità non appiattite sul presente, o, peggio, nostalgiche del passato, ma protese verso il futuro di Dio, verso l’incontro con Lui, nostra vita e nostra speranza“.