La , che ha fatto seguito alla , è stato uno dei momenti più importanti del Viaggio Apostolico in Uganda, sia dal punto di vista liturgico che interreligioso: è stata l’occasione, infatti, per ricordare che esiste un ecumenismo del sangue, che precede quello frutto del dialogo tra cristiani, e che “non i piaceri mondani o il potere terreno, ma la fedeltà a Dio, l’onestà e l’integrità di vita danno gioia e pace durature”.
Papa Francesco ha dunque aperto la seconda giornata del viaggio in Uganda omaggiando i martiri cristiani, cattolici e anglicani, che alla fine dell’Ottocento vennero qui uccisi: la morte di questi cristiani è una grande eredità per tutti noi cristiani moderni. È una eredità però che non va tenuta chiusa in un museo: onoriamo veramente questa testimonianza, ha detto il Pontefice “e onoriamo tutti i Santi, quando piuttosto portiamo la loro testimonianza a Cristo nelle nostre case e ai nostri vicini, sui posti di lavoro e nella società civile, sia che rimaniamo nelle nostre case, sia che ci rechiamo fino al più remoto angolo del mondo“.
La testimonianza di questi martiri cristiani ci insegna una cosa: che il dono della fede che riceviamo da Dio dobbiamo a nostra volta donarlo: questa è una necessità per il cristiano, una necessità che deve a tutti i costi portare a termine, anche a costo della propria vita.
“Anche noi abbiamo ricevuto il dono dello Spirito, per diventare figli e figlie di Dio, ma anche per dare testimonianza a Gesù e farlo conoscere e amare in ogni luogo. Abbiamo ricevuto lo Spirito quando siamo rinati nel Battesimo, e quando siamo stati rafforzati con i suoi doni nella Confermazione. – ha dunque commentato il Santo Padre – Ogni giorno siamo chiamati ad approfondire la presenza dello Spirito Santo nella nostra vita, a “ravvivare” il dono del suo amore divino in modo da essere a nostra volta fonte di saggezza e di forza per gli altri“.
“Se, come i martiri, noi quotidianamente ravviviamo il dono dello Spirito che abita nei nostri cuori, allora certamente diventeremo quei discepoli missionari che Cristo ci chiama ad essere. – ha dunque concluso Papa Francesco, ricordando l’importanza della famiglia come scuola di vita, di fede, di condivisione, di perdono e di pacifica convivenza – Per le nostre famiglie e i nostri amici certamente, ma anche per coloro che non conosciamo, specialmente per quelli che potrebbero essere poco benevoli e persino ostili nei nostri confronti. Questa apertura verso gli altri incomincia nella famiglia, nelle nostre case, dove si impara la carità e il perdono, e dove nell’amore dei nostri genitori si impara a conoscere la misericordia e l’amore di Dio. Tale apertura si esprime anche nella cura verso gli anziani e i poveri, le vedove e gli orfani“.
I nostri occhi
hanno colto
Il Fiore del mondo.
Gli angeli lo accarezzano
con amore.
Il cuore in segreto
è felice.
Il dono ha tessuto
la sua danza.
Filomena Ciavarella