Ultima tappa del viaggo apostolico di Papa Francesco in Messico è Ciudad Juarez, nello Stato settentrionale di Chihuahua, una città al confine con gli Stati Uniti tristemente nota alle cronache per il narcotraffico e per lo sfruttamento sessuale. È una di quelle periferie esistenziali che più sono care al Pontefice e nella quale si è voluto soffermare a lungo, e i .
I due incontri sono strettamente interconnessi tra di loro poiché la mancanza di lavoro, lo sfruttamento dei lavoratori e la mancanza di diritti genera poi quella delinquenza che termina per essere reclusa nel carcere.
Parlando ai detenuti, Francesco, ha sottolineato come “abbiamo perso diversi decenni pensando e credendo che tutto si risolve isolando, separando, incarcerando, togliendosi i problemi di torno, credendo che questi mezzi risolvano veramente i problemi“. Nel mentre si faceva questo, “ci siamo dimenticati di concentrarci su quella che realmente dev’essere la nostra preoccupazione: la vita delle persone; la loro vita, quella delle loro famiglie, quella di coloro che pure hanno sofferto a causa di questo giro vizioso della violenza“.
È proprio sotto questa ottica che dobbiamo guardare alle carceri come un “sintomo di come stiamo nella società, in molti casi sono un sintomo di silenzi, di omissioni provocate dalla cultura dello scarto. Sono un sintomo di una cultura che ha smesso di scommettere sulla vita; di una società che, poco a poco, è andata abbandonando i suoi figli“. E ancora, ha detto come “il reinserimento non comincia qui tra queste pareti, ma che comincia prima, “fuori”, nelle vie della città. Il reinserimento o la riabilitazione – come la chiamano – comincia creando un sistema che potremmo chiamare di salute sociale, vale a dire, una società che cerchi di non ammalarsi inquinando le relazioni nel quartiere, nelle scuole, nelle piazze, nelle vie, nelle abitazioni, in tutto lo spettro sociale. Un sistema di salute sociale che faccia in modo di generare una cultura che sia efficace e che cerchi di prevenire quelle situazioni, quelle vie che finiscono per ferire e deteriorare il tessuto sociale“.
È proprio sotto tale ottica che si compende quanto sia interconnesso il mondo del lavoro con quello penitenziario: la mancanza di opportunità di lavoro sostenibile alimenta la piaga della povertà, generata dalla disoccupazione, che può diventare terreno fertile per il narcotraffico e in genere per la delinquenza.
Il Papa ha invitato i membri del mondo del lavoro a superare il paradigma dominante dell’utilità economica investendo sulle persone: “Il migliore investimento che si può fare è quello di investire sulla gente, sulle persone, sulle loro famiglie“, ha detto Francesco, “il guadagno e il capitale non sono beni al di sopra dell’uomo, ma sono al servizio del bene comune“.
“Vi invito a sognare il Messico che i vostri figli meritano“, ha detto Papa Francesco agli imprenditori concludendo il proprio intervento, mentre ai detenuti ha detto “Ora vi può toccare la parte più dura, più difficile, però, perché possa essere quella che generi un più grande frutto, impegnatevi fin da qui dentro a capovolgere le situazioni che generano ulteriore esclusione. Parlate con i vostri cari, raccontate loro la vostra esperienza, aiutate a frenare il giro vizioso della violenza e dell’esclusione. Chi ha sofferto profondamente il dolore e, potremmo dire, “ha sperimentato l’inferno” può diventare un profeta nella società. Lavorate perché questa società che usa e getta la gente non continui a mietere vittime“.
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Ho seguito per quanto ho potuto il Tuo viaggio Padre Francesco, l’accoglienza che Hai ricevuto ovunque ha rallegrato il mio cuore,
i Tuoi occhi luminosi pieni dall’amore di DIO mi ha resa felice.
Prego e compio azioni per responsabilizzare almeno quelli che
frequentano la chiesa, con parole e vissuto personale attento e coerente al Vangelo che pochi leggono e conoscono, ma’ mi sembra che abbiano degli “impermiabili”, a tutto si dice si, si, e tutto scivola addosso,
troppo benessere e troppo “io sto’ bene, voglio di piu’ e faro’ DI TUTTO per ottenerlo”.Non hanno tempo, corrono e non sanno neanche perché corrono, quale sia la meta da raggiungere. Eresia trovare tempo per un altro umano, ascoltarlo per capire quello di cui ha veramente bisogno, gli si da’ qualche monetina, soluzioni egoistiche per il tornaconto personale piu’ o meno cosciente . Io credo che tutti dobbiamo fare un’autoesame del NOSTRO comportamento, porci domande e cercare risposte, non autogiustificanti, ma serie e responsabili sui propri comportamenti non “BUONI” agli occhi di DIO, non colpevolizzarci o colpevolizzare gli altri,ma, con l’aiuto di DIO, riprendere il cammino su una “strada “piu’ buona per creare legami umani basati sull’amore, rispetto della persona.–
Ivana Barbonetti.
I giovani vivono l’esempio della corruzione, raccomandazioni, privilegi di conoscenze e affiliazioni,
che annullano speranze, buoni intenti ed educazione ricevuta.
Oggi fruiscono del sostegno dei genitori, ma nel vicino domani, la loro esistenza e quella delle future famiglie sono abbandonate al totale salto nel buio. E, se aggiungiamo anche le problematiche di progenie “non naturali”, il quadro è ancora più problematicamente completo!
Anche qui, se non s’incrementa, con azioni solide, traspaenti e concrete, il cambiamento del “guadagno e del capitale posti al di sopra dell’uomo, da mettere al servizio del bene comune“, restano solo le parole, ma la realtà seguirà il crescente deterioramento, lasciando le future generazioni nella più terrificante incognita.
Azioni: le parole continueranno a scivolare. Le preghiere, se non seguite da coerente operosità, non bastano.