Papa Francesco all’Udienza Generale di stamattina riprende il percorso di catechesi sulla celebrazione eucaristica: abbiamo visto che l’Atto penitenziale ci aiuta a spogliarci delle nostre presunzioni e a presentarci a Dio come siamo realmente, coscienti di essere peccatori, nella speranza di essere perdonati.
L’incontro tra la miseria umana e la misericordia divina produce la “Gloria”, «un inno antichissimo e venerabile con il quale la Chiesa, radunata nello Spirito Santo, glorifica e supplica Dio Padre e l’Agnello». L’esordio di questo inno riprende il canto degli Angeli alla nascita di Gesù. Questo canto coinvolge anche noi: «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà».
Dopo il “Gloria” la preghiera prende forma nell’orazione denominata “colletta”, per mezzo della quale viene espresso il carattere proprio della celebrazione. Con l’invito «preghiamo», il sacerdote esorta il popolo a raccogliersi con lui in un momento di silenzio, al fine di prendere coscienza di stare alla presenza di Dio e far emergere, ciascuno nel proprio cuore, le personali intenzioni con cui partecipa alla Messa.
Il silenzio consiste nell’ascoltare la voce del nostro cuore e, soprattutto, la voce dello Spirito Santo. Nella liturgia, la natura del sacro silenzio dipende dal momento in cui ha luogo: «Durante l’atto penitenziale e dopo l’invito alla preghiera, aiuta il raccoglimento; dopo la lettura o l’omelia, è un richiamo a meditare brevemente ciò che si è ascoltato; dopo la Comunione, favorisce la preghiera interiore di lode e di supplica». Veniamo da giorni di fatica, di gioia, di dolore, e vogliamo dirlo al Signore, invocare il suo aiuto, chiedere che ci stia vicino.
Il sacerdote recita questa supplica, questa orazione di colletta, con le braccia allargate è l’atteggiamento dell’orante, assunto dai cristiani fin dai primi secoli per imitare il Cristo con le braccia aperte sul legno della croce. E lì, Cristo è l’Orante ed è insieme la preghiera! Nel Crocifisso riconosciamo il Sacerdote che offre a Dio il culto a lui gradito, ossia l’obbedienza filiale.
Nel Rito Romano le orazioni sono concise ma ricche di significato: si possono fare tante belle meditazioni su queste orazioni. Tanto belle! Tornare a meditarne i testi, anche fuori della Messa, può aiutarci ad apprendere come rivolgerci a Dio, cosa chiedere, quali parole usare. Possa la liturgia diventare per tutti noi una vera scuola di preghiera.