E’ in Aula Paolo VI che si è tenuta l’Udienza Generale odierna che ha visto la ripresa della Catechesi sulla preghiera la quale era stata interrotta da quella sulla Cura del creato.
E il discorso di oggi riguarda una figura importante della Bibbia, il profeta Elia, che “compare all’improvviso, in maniera misteriosa, provenendo da un piccolo villaggio del tutto marginale e alla fine uscirà di scena, sotto gli occhi del discepolo Eliseo, su un carro di fuoco che lo porta in cielo”, Elia, il cui nome “potrebbe significare Jahvè è Dio” vive una vita di preghiera, e nonostante le prove a cui verrà sottoposto, rimane sempre fedele a Dio.
“Elia è l’uomo di vita contemplativa e, nello stesso tempo, di vita attiva, preoccupato delle vicende del suo tempo” dice il Papa, un uomo da cui prendere esempio per il suo modo di pregare.
Perché “la preghiera non è un rinchiudersi con il Signore per truccarsi l’anima: no, questo non è preghiera, questa è finta di preghiera. La preghiera è un confronto con Dio e un lasciarsi inviare a servire i fratelli. Il banco di prova della preghiera è l’amore concreto per il prossimo.”
L’indicazione che ci dà Papa Francesco è chiara: “i credenti agiscono nel mondo dopo aver prima taciuto e pregato; altrimenti la loro azione è impulsiva, è priva di discernimento, è un correre affannoso senza meta.” Chiedere quindi prima a Dio, affidarsi a Lui in raccoglimento, Lui ci indicherà la maniera migliore di agire in una data circostanza. E ogni momento è buono per pregare, perché sempre ci saranno “momenti di preghiera che noi sentiamo che ci tirano su, anche di entusiasmo, e momenti di preghiera di dolore, di aridità, di prove.”
Ma non lasciamoci abbattere mai “anche se avessimo sbagliato qualcosa, o ci sentissimo minacciati e impauriti, tornando davanti Dio con la preghiera, ritorneranno come per miracolo anche la serenità e la pace.” Questo è un vero conforto.