Al primo Angelus del nuovo anno il Pontefice celebra la figura di Maria, alla quale possiamo chiedere in che modo imparare a parlare con Dio, che linguaggio usare e come affrontare il nuovo anno.
Possiamo osservarla mentre, nella grotta della Natività, “accoglie con stupore il mistero che vive, custodisce tutto nel suo cuore e, soprattutto, si preoccupa del Bambino”. Senza parlare, in silenzio: “Mentre gli angeli fanno festa, i pastori accorrono e tutti lodano Dio a gran voce per l’evento che è accaduto, Maria non parla, non intrattiene gli ospiti spiegando ciò che le è successo, non ruba la scena – a noi piace tanto rubare la scena! – al contrario, mette al centro il Bambino, prendendosi cura di Lui con amore”.
Come tutte le mamme, si prende cura del suo bambino. Questo è il suo insegnamento per noi, “prendersi cura”. Che è il contrario dell’egoismo; quindi, esorta Francesco, “se vogliamo davvero che il nuovo anno sia buono, se vogliamo ricostruire speranza, occorre abbandonare i linguaggi, i gesti e le scelte ispirati all’egoismo e imparare il linguaggio dell’amore, che è prendersi cura. Prendersi cura è un linguaggio nuovo, che va contro i linguaggi dell’egoismo”.
Ma di cosa o di chi dobbiamo prenderci cura? “Della nostra vita – ognuno di noi deve curare la propria vita –; prenderci cura del nostro tempo, della nostra anima; prenderci cura del creato e dell’ambiente in cui viviamo; e, ancor più, prenderci cura del nostro prossimo, di coloro che il Signore ci ha messo accanto, come pure dei fratelli e delle sorelle che sono nel bisogno e interpellano la nostra attenzione e la nostra compassione”.
Ricordiamoci quindi di curare gli altri, “noi stessi, la salute interiore, la vita spirituale, la carità ”. Chiediamo a Maria quindi che “in questa epoca inquinata dalla diffidenza e dall’indifferenza, ci renda capaci di compassione e di cura – capaci di avere compassione e di prenderci cura –, capaci di ‘commuoversi e di fermarsi davanti all’altro, tutte le volte che sia necessario‘”.