All’Udienza Papa Francesco si sofferma sul dialogo riportato in chiusura del Vangelo di Giovanni; quello tra Gesù e Pietro, che mostra l’amore del Figlio di Dio verso i suoi discepoli.
“Nel corso della discussione di Gesù con Pietro, troviamo due passaggi che riguardano precisamente la vecchiaia e la durata del tempo: il tempo della testimonianza, il tempo della vita.”
Il primo riguarda il non essere più autosufficienti in vecchiaia, avere bisogno dell’aiuto degli altri e, avvisa Gesù, “anche la tua testimonianza si accompagnerà a questa debolezza.” Anche se nel vangelo si parla di “testimonianza estrema, quella del martirio e della morte”, possiamo applicare questo monito anche alla nostra vita.
“Seguire Gesù sempre, a piedi, di corsa, lentamente, in carrozzina, ma seguirlo sempre. […] anche nelle condizioni limitate della debolezza e della vecchiaia.” Questo è l’insegnamento importante: “imparare dalla nostra fragilità ad esprimere la coerenza della nostra testimonianza di vita nelle condizioni di una vita largamente affidata ad altri, largamente dipendente dall’iniziativa di altri.”
Infatti, prosegue il Pontefice, “con la malattia, con la vecchiaia la dipendenza cresce e non siamo più autosufficienti come prima; cresce la dipendenza dagli altri e anche lì matura la fede, anche lì c’è Gesù con noi, anche lì sgorga quella ricchezza della fede ben vissuta durante la strada della vita.”
In vecchiaia impariamo a non essere più protagonisti, questa è una prova per noi, ma a partecipare alla vita della famiglia e della società diversamente da come sempre abbiamo fatto.
Impariamo a “seguire Gesù nella vita e nella morte, nella salute e nella malattia, nella vita quando è prospera con tanti successi e nella vita anche difficile con tanti momenti brutti di caduta.” Senza entrare nella vita degli altri, senza essere gelosi della gioventù. “Un anziano non può essere felice senza guardare i giovani e i giovani non possono andare avanti nella vita senza guardare gli anziani.”