Terra di “inimmaginabile fecondità”. È questo il messaggui del Santo Padre alla Santa Messa al Parco Simón Bolívar di Bogotá dedicata alla pace e alla vita, temi principali di Francesco nella capitale.
La cerimonia nel verdissimo parco gremito fin dalla mattina da oltre un milione di persone nonostante la pioggia a sprazzi, nel consueto percorso nella folla il Papa si ferma a benedire un gruppo di disabili che hanno preso parte all’evento, li abbraccia, si lascia accompagnare per un breve tratto, ai piedi del palco bianco.
Leggendo l’odierno Vangelo di Luca, nel quale Gesù predica presso il mare di Galilea, inteso come “immensità dove convivono tutti i popoli”, il Santo Padre osserva come la terra colombiana “potrebbe dare frutti per tutti”, ma come altrove “ci sono fitte tenebre che minacciano e distruggono la vita”. Sono le tenebre “dell’ingiustizia e dell’inequità sociale”, quelle “corruttrici degli interessi personali o di gruppo, che consumano in modo egoista e sfrenato ciò che è destinato al benessere di tutti”, quelle “del mancato rispetto per la vita umana” che miete quotidianamente “l’esistenza di tanti innocenti, il cui sangue grida al cielo”; quelle della sete di vendetta e di odio “che macchia di sangue umano le mani di coloro che si fanno giustizia da soli”; quelle di coloro che restano “insensibili” di fronte al dolore di tante vittime.
Il cardinale Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá e presidente del Consiglio episcopale latinoamericano, parla di “assalti della morte” per indicare tali tenebre. Il Papa assicura che solo Gesù è capace di annientarle. Come la nazione colombiana, ricorda, anche la Chiesa locale ha fatto “esperienza di impegni pastorali vani e infruttuosi”, ma ha confidato in Cristo “la cui Parola suscita fecondità persino là dove l’inospitalità delle tenebre umane rende infruttuosi tanti sforzi e fatiche”.
L’ordine di “gettare le reti”, enunciato nel Vangelo, non è rivolto soltanto a Simon Pietro; a lui è toccato di prendere il largo, come coloro che in Colombia “hanno per primi riconosciuto quello che più urge, quelli che hanno preso iniziative di pace, di vita”. Gettare le reti comporta “responsabilità”. “A Bogotá e in Colombia si trova in cammino un’immensa comunità, che è chiamata a diventare una rete robusta che raccolga tutti nell’unità, lavorando per la difesa e la cura della vita umana, particolarmente quando è più fragile e vulnerabile”. E tali comunità possono diventare “comunità vive, giuste e fraterne se ascoltano e accolgono la Parola di Dio”. Saranno così evangelizzate e potranno seguire Gesù, amando “la vita in tutte le sue fasi”, rispettandola e promuovendola.
Dinansi una folla gremita, tra cui vittime della guerra e comitive di venezuelani il Papa invita a “chiamarci gli uni gli altri”, a tornare a considerarci “fratelli, compagni di strada, soci di questa impresa comune che è la patria”. La Colombia è, al contempo, un luogo dove “Gesù è passato e passa, per offrire la sua presenza e la sua parola feconda”: ci invita a “chiamare gli altri, tutti”, pensare alle famiglie, “santuario di vita”, e fare spazio al bene comune “al di sopra degli interessi meschini o particolari, farsi carico dei più fragili promuovendo i loro diritti”.
Infine, ancor più in un contesto storico di violenza e divisione, Gesù “ci spinge a condividere il rischio, a lasciare i nostri egoismi e a seguirlo”, abbandonando “paure che non vengono da Dio, che ci paralizzano e ritardano l’urgenza di essere costruttori della pace, promotori della vita”. Solo così si potrà “prendere il largo”: un augurio, conclude, “anche per questo popolo”.
Prego che questa omelia del Santo Padre venga letta anche qui, centro sud dove sto’ vivendo ora, dove sono stata ostacolata, giudicata, criticata perché non chiusa nel mio “orticello”, perché ho denunciato le truffe subite e non le ho accettate in silenzio, vigliaccamente mi hanno emarginata perché “scomoda”, pur sapendo che ho 70 anni, nativa di Roma qui sola, avendo usufruito abbondantemente della mia passata generosita’. Qui nel centro sud della nostra Italia.