Nella solennità di Cristo Re Papa Francesco ricorda il malfattore che, crocifisso con Gesù, lo riconobbe e lo proclamò re. Lì, nel momento meno trionfante e glorioso, in mezzo alle grida di scherno e di umiliazione, quel delinquente è stato capace di alzare la voce e fare la sua professione di fede.
Queste sono le ultime di Gesù prima di consegnarsi al Padre: «In verità io ti dico: oggi sarai con me nel paradiso». Il ladro ha quindi l’onore di accompagnare da vicino il supplizio del Signore a conferma che il Signore offre sempre e dovunque la salvezza.
Il Calvario, luogo di smarrimento e di ingiustizia, dove l’impotenza e l’incomprensione sono accompagnate dalla mormorazione sussurrata e indifferente dei beffardi di turno davanti alla morte dell’innocente, si trasforma, grazie all’atteggiamento del buon ladrone, in una parola di speranza per tutta l’umanità spiega Francesco. Le grida di “salva te stesso” di fronte all’innocente sofferente susciteranno la voce di quelli che si lasciano toccare il cuore e scelgono la compassione come vero modo per costruire la storia.
Ci sono momenti difficili spiega il Santo Padre: Conosciamo bene la storia dei nostri fallimenti, peccati e limiti, come il buon ladrone, ma non vogliamo che sia questo a determinare o definire il nostro presente e futuro. Sappiamo che non di rado possiamo cadere nel clima pigro che fa dire con facilità e indifferenza “salva te stesso”, e perdere la memoria di ciò che significa sopportare la sofferenza di tanti innocenti. Ma non dobbiamo farci abbattere ha continuato Francesco: come il buon ladrone, vogliamo vivere l’istante in cui poter alzare le nostre voci e professare la nostra fede a difesa e a servizio del Signore, l’Innocente sofferente. Vogliamo accompagnare il suo supplizio, sostenere la sua solitudine e il suo abbandono, e ascoltare, ancora una volta, che la salvezza è la parola che il Padre vuole offrire a tutti: «Oggi sarai con me nel paradiso».
Salvezza e certezza che hanno testimoniato coraggiosamente con la vita . Sulle loro orme vogliamo camminare, sui loro passi vogliamo andare per professare con coraggio che l’amore dato, sacrificato e celebrato da Cristo sulla croce è in grado di vincere ogni tipo di odio, egoismo, oltraggio o cattiva evasione; è in grado di vincere ogni pessimismo indolente o benessere narcotizzante, che finisce per paralizzare ogni buona azione e scelta. Come ricorda il Concilio Vaticano II: sono lontani dalla verità coloro che, sapendo che non abbiamo qui una città permanente ma siamo protesi a quella futura, pensano che per questo possiamo trascurare i nostri doveri terreni, senza accorgersi che, proprio per la fede stessa che professiamo, siamo tenuti a compierli così da attestare e manifestare la nobiltà della vocazione alla quale siamo stati chiamati.
Cristo è vivo e agisce in mezzo a noi, guidandoci tutti alla pienezza della vita. È vivo e ci vuole vivi. Cristo è la nostra speranza. Dice a gran voce Francesco. La nostra missione come discepoli missionari è di essere testimoni e araldi di ciò che verrà ci spinge a essere lievito del suo Regno dovunque siamo: in famiglia, al lavoro, nella società. Il Regno dei cieli è una meta da vivere oggi, accanto all’indifferenza che circonda e fa tacere tante volte i nostri malati e disabili, anziani e abbandonati, rifugiati e lavoratori stranieri: tutti loro sono sacramento vivo di Cristo, nostro Re; perché «se siamo ripartiti davvero dalla contemplazione di Cristo, dovremo saperlo scorgere soprattutto nel volto di coloro con i quali egli stesso ha voluto identificarsi» come disse .
Cari fratelli, Nagasaki porta nella propria anima una ferita difficile da guarire, segno della sofferenza inspiegabile di tanti innocenti; vittime colpite dalle guerre di ieri ma che ancora oggi soffrono per questa terza guerra mondiale a pezzi. Alziamo qui le nostre voci, in una preghiera comune per tutti coloro che oggi stanno patendo nella loro carne questo peccato che grida in cielo, e perché siano sempre di più quelli che, come il buon ladrone, sono capaci di non tacere né deridere, ma di profetizzare con la propria voce un regno di verità e di giustizia, di santità e di grazia, di amore e di pace. È questo l’ultimo appello del Santo Padre in ricordo delle vittime di Nagasaki
1 pensato per “La compassione come vero modo per costruire la storia.”