Questo mondo ha un gran bisogno della cultura dell’incontro, specie quando si costruiscono muri e quando si finisce per vivere come nemici. Così Papa Francesco nel videomessaggio inviato in occasione del Congresso delle Cattedre Scholas, evento organizzato dalla Fondazione pontificia Scholas Occurrentes presso l’Università Ebraica di Gerusalemme.
Nel videomessaggio il Papa si congratula con chi vive a Gerusalemme, perché gli abitanti del posto sono riusciti a raggiungere l’unità pur nelle loro differenze. “Non ve lo ha insegnato nessuno come si fa. Lo avete semplicemente vissuto”, ha detto il Papa.
“Nella nudità dello sguardo non ci sono risposte, ma soltanto apertura a tutto ciò che non sono io. Di conseguenza, se tutti si aprono agli altri si realizza l’incontro, e questo incontro dà un senso agli uni e agli altri. Tutti abbiamo un senso nella vita: per questo quando incontriamo il senso è come se ci si allargasse l’anima”.
Ecco perché è importante essere continuamente alla ricerca del senso più profondo delle cose. Ed ecco anche spiegato il motivo per cui non bisogna mai togliere ai bambini e ai giovani la capacità di sognare e di giocare: essere liberi dai pregiudizi e sognare significa avere i presupposti per “trovare strade nuove”.
Dobbiamo sforzarci di “generare un contesto di speranza perché quei sogni crescano e si condividano. Un sogno, quando è condiviso, diventa l’utopia di un popolo, la possibilità di dar vita a un nuovo modo di vivere”. E l’utopia, per noi cristiani, è quella di creare la cultura dell’incontro.
Questo mondo, in fondo, ha bisogno dell’incontro. Questo è un mondo che ha paura del diverso! Un mondo che costruisce muri non fa che peggiorare l’incubo, non fa che costringerci a vivere come nemici. Il dialogo fra cristianesimo, ebraismo e islam è parte integrante di questo sogno: del sogno che mira a trasformare in realtà la cultura dell’incontro.
Santo Padre, vedendo la Tua immagine sopra il video, cosi gioiosa aperta, ho alzato gli occhi al cielo e ho ringraziato e benedetto
Dio.—-come ieri al “ciao” spontaneo di una bambina sconosciuta incontrata in strada, ho gioito.
Non solo la paura del diverso crea chiusure, ma anche il dover “difendere” quanto si crede di avere conquistato, si vede l’altro/a come un ladro che puo’ portare via quanto si ha; affetti, amici, beni materiali, come ci si incontra si alzano tutte le barriere credendole protettive, l’altro non lo si vede piu’, ci sono tutti i preconcetti e paure, o si urla per “difesa”, litigio, o ci si ritira in orgoglioso silenzio sicuri che;—-io ho ragione—- e’ cosi—prendere o lasciare—-un muro che al confronto la muraglia cinese e’ un recinto del giardino- Riflettiamo su noi stessi, se ci ritroviamo in questi comportamenti iniziamo a aprire spiragli per cambiare, allargando lo spiraglio , abbattiamo il muro.