L’incontro con i , durante la quarta giornata del Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Messico, è stata l’occasione nella quale il Santo Padre ha ribadito l’importanza della preghiera. Pregare si impara, ha detto il Papa, “come impariamo a camminare, a parlare, ad ascoltare“.
Dove si impara a pregare, si è dunque chiesto Bergoglio: nella vita. “La scuola della preghiera è la scuola della vita e la scuola della vita è il luogo in cui facciamo scuola di preghiera“. Questo ci dice un’altra cosa: “mostrandomi come preghi, imparerò a scoprire il Dio vivente, e mostrandomi come vivi, imparerò a credere nel Dio che preghi – ha aggiunto il Vescovo di Roma – perché la nostra vita parla della preghiera e la preghiera parla della nostra vita“.
La preghiera non è un atto mentale, ha sottolineato Bergoglio, la preghiera è concreta così come Gesù concretamente “ha voluto introdurre i suoi nel mistero della Vita, nel mistero della Sua vita“. Gesù non ha mostrato agli Apostoli il volto di un Dio astratto: Gesù “mostrò loro mangiando, dormendo, sanando, predicando, pregando che cosa significa essere Figlio di Dio – ha detto Francesco – Li invitò a condividere la sua vita, la sua intimità e, mentre stavano con Lui, fece loro toccare nella sua carne la vita del Padre“.
L’invito a vivere in forma concreta la preghiera, a non fare una preghiera di pure parole ma anche di atti concreti risuona tanto più forte in una terra non facile, come quella di Morelia, dove il narcotraffico è purtroppo una dura realtà, con la sua guerra tra bande.
La tentazione, in questa terra, viene da molte e differenti fonti, “dalla violenza, dalla corruzione, dal traffico di droghe, dal disprezzo per la dignità della persona, dall’indifferenza davanti alla sofferenza e alla precarietà“, tutte fonti che portano ad un unico obbiettivo, la “rassegnazione“. È proprio questa ultima la vera e grande tentazione che si deve vincere: la “rassegnazione ci paralizza, … ci impedisce non solo di camminare, ma anche di tracciare una via; … non soltanto ci spaventa, ma che ci trincera nelle nostre “sacrestie” e apparenti sicurezze; … non soltanto ci impedisce di annunciare, ma che ci impedisce di lodare: ci toglie l’allegria, la gioia della lode“.
La medicina per questa rassegnazione è una sola: guardare la croce di Cristo e lasciarsi guidare dal suo esempio, come fece Tata Vasco, il primo vescovo di Michoacán, lo spagnolo che si fece indio per aiutare le popolazioni indigene vessate e costrette a vagabondare per ottenere il cibo. Egli di fronte alla “realtà vissuta dagli indios Purhépechas descritta da lui come “venduti, vessati e vagabondi per i mercati a raccogliere i rifiuti gettati a terra”, lungi dal condurlo alla tentazione dell’accidia e della rassegnazione, mosse la sua fede, mosse la sua vita, mosse la sua compassione e lo stimolò a realizzare diverse iniziative che fossero di “respiro” di fronte a tale realtà tanto paralizzante e ingiusta. – ha concluso Papa Francesco – Il dolore della sofferenza dei suoi fratelli divenne preghiera e la preghiera si fece risposta concreta“
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La preghiera non è un atto mentale e soprattutto non è un atto formale. Spesso usiamo la preghiera per chiedere a Dio di fare delle cose per noi e per i nostri fratelli senza accorgerci che il Signore ci ha già dato due gambe, due braccia e tanta energia per fare quelle cose da soli.
E allora siamo più che mai con il Santo Padre, affinché la preghiera sia impegno e strumento concreto di fede e cristianità.
La rassegnazione è già di minore gravità rispetto alla disperazione che distrugge animo e salute fisica.
La violenza delle convenienze conniventi ed omertose annulla verità, giustizia, umanità, imponendo sofferenza e schiavismo in mille forme, in ogni ambito e in ogni angolo del mondo.
La solidale fratellanza e senso di giustizia e onestà, se non si realizzano con atti concreti, coerenti e visibili, lasciando immutata ogni menzogna di cui si alimenta la corruzione con tutte le sue amplificate complicità, non produce alcun risultato con le sole parole, che scivolano indifferentemente sulla pelle indurita e viscida di pervertiti e approfittatori.
Chi si ribella (andare contro corrente) ad ingiustizie e menzogne, rimane solo e schiacciato se la “fratellanza” consapevole sceglie il silenzio vile e indifferente, per propria tranquillità e tornaconto.
Si prega, ma il mondo dilaga nella sopraffazione della prorompente perfidia ed ipocrisia, senza freno. Anzi!