Dopo la Santa Messa di Pasqua, solenne e deserta, il Pontefice ha impartito la tradizionale benedizione Urbi et Orbi da un luogo meno tradizionale: i cancelli dell’Altare della Confessione, all’interno della Basilica Vaticana.
Nel suo discorso il suo primo pensiero ovviamente va “a quanti sono stati colpiti direttamente dal coronavirus: ai malati, a coloro che sono morti e ai familiari che piangono per la scomparsa dei loro cari, ai quali a volte non sono riusciti a dare neanche l’estremo saluto.” Non mancano i ringraziamenti a quanti si stanno prodigando per la sicurezza di tutti, e la raccomandazione che non si perda la speranza, perché la resurrezione di Cristo è proprio “vittoria dell’amore sulla radice del male, una vittoria che non scavalca la sofferenza e la morte, ma le attraversa aprendo una strada nell’abisso, trasformando il male in bene”.
L’ammonimento poi a non essere egoisti “ perché la sfida che stiamo affrontando ci accomuna tutti e non fa differenza di persone”; a non attuare divisioni di sorta “Cristo nostra pace illumini quanti hanno responsabilità nei conflitti, perché abbiano il coraggio di aderire all’appello per un cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo” e a non dimenticare “ Il Signore della vita […]riscaldi il cuore delle tante persone rifugiate e sfollate, a causa di guerre, siccità e carestia. Doni protezione ai tanti migranti e rifugiati, molti dei quali sono bambini, che vivono in condizioni insopportabili”.
La sua esortazione è di non farci prendere dalla paura ma far “vincere il Signore Gesù nel nostro cuore e nella nostra vita” affinché ci apra “ la strada dell’eterna salvezza, disperda le tenebre della nostra povera umanità e ci introduca nel suo giorno glorioso che non conosce tramonto.”
La benedizione del Papa ha seguito l’annuncio della concessione dell’indulgenza plenaria a quanti erano collegati per seguirlo.