Il Santo Padre inizia il consueto Angelus della domenica con il Vangelo odierno che ambientato negli ultimi giorni della vita di Gesù, a Gerusalemme; giorni carichi di aspettative e di tensioni. Da una parte Gesù rivolge critiche severe ai farisei, dall’altra lascia importanti consegne ai cristiani di tutti i tempi.
Egli dice alla folla: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che dicono». Ciò significa che essi possono insegnare la Legge di Dio. Tuttavia, subito dopo, Gesù aggiunge: «ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno» (v. 2-3). Fratelli e sorelle, un difetto frequente in quanti hanno un’autorità è quello di esigere dagli altri cose che però loro non mettono in pratica in prima persona. Fanno la doppia vita. Dice Gesù: «Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito» (v. 4). Questo atteggiamento non dà il buon esempio. L’autorità nasce dal buon esempio sostenendoli nelle prove che si incontrano sulla via del bene. L’autorità è un aiuto, ma se viene esercitata male, diventa oppressiva.
Gesù denuncia alcuni comportamenti negativi degli scribi e di alcuni farisei: «Si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze» (vv.6-7). Questa è una tentazione che corrisponde alla superbia umana e che non è sempre facile vincere. È l’atteggiamento di vivere solo per l’apparenza.
Così Gesù esorta i suoi discepoli: «Non fatevi chiamare “rabbi”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. […] E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo» (vv. 8-11).
Noi discepoli di Gesù non dobbiamo cercare titoli di onore, di autorità o di supremazia. Noi, discepoli di Gesù non dobbiamo fare questo, tra di noi ci dev’essere un atteggiamento semplice e fraterno. Siamo tutti fratelli e non dobbiamo in nessun modo sopraffare gli altri e guardarli dall’alto in basso. Se abbiamo ricevuto delle qualità dal Padre celeste, le dobbiamo mettere al servizio dei fratelli, e non approfittarne per la nostra soddisfazione e interesse personale. Non dobbiamo considerarci superiori agli altri; la modestia è essenziale per una esistenza che vuole essere conforme all’insegnamento di Gesù che è venuto per servirci.
La Vergine Maria, «umile e alta più che creatura» (Dante, Paradiso, XXXIII, 2), ci aiuti, con la sua materna intercessione, a rifuggire dall’orgoglio e dalla vanità, e ad essere miti e docili all’amore che viene da Dio, per il servizio dei nostri fratelli e per la loro gioia, che sarà anche la nostra.
Santo Padre, grazie——la consapevolezza del pericolo che TU spieghi in questo brano del Vangelo, mi induce a chiedere tutti i giorni l’aiuto della Madre Celeste, a essere misericordiosa verso chi ha l’atteggiamento dei Farisei e degli Scribi, soprattutto quando questo atteggiamento lo hanno consacrati investiti in un’ordine sacerdotale, prego con piu’ forza, agisco verbalmente con l’interessato/a, continuo a pregare.