Riflessioni di Papa Francesco

Le omelie devo essere brevi, non più di 10 minuti e ben preparate

 

All’Udienza Generale Papa Francesco continua le catechesi sulla Santa Messa. Il dialogo tra Dio e il suo popolo, sviluppato nella Liturgia della Parola della Messa, raggiunge il culmine nella proclamazione del Vangelo. Lo precede il canto dell’Alleluia con cui «l’assemblea dei fedeli accoglie e saluta il Signore che sta per parlare nel Vangelo».

Come i misteri di Cristo illuminano l’intera rivelazione biblica, così, nella Liturgia della Parola, il Vangelo costituisce la luce per comprendere il senso dei testi biblici che lo precedono, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. In effetti, «di tutta la Scrittura, come di tutta la celebrazione liturgica, Cristo è il centro e la pienezza». Sempre al centro c’è Gesù Cristo, sempre.

Perciò la stessa liturgia distingue il Vangelo dalle altre letture e lo circonda di particolare onore e venerazione. Infatti, la sua lettura è riservata al ministro ordinato, che termina baciando il libro; ci si pone in ascolto in piedi e si traccia un segno di croce in fronte, sulla bocca e sul petto; i ceri e l’incenso onorano Cristo che, mediante la lettura evangelica, fa risuonare la sua efficace parola. Da questi segni l’assemblea riconosce la presenza di Cristo che le rivolge la “buona notizia” che converte e trasforma. E’ un discorso diretto quello che avviene, come attestano le acclamazioni con cui si risponde alla proclamazione: «Gloria a te, o Signore» e «Lode a te, o Cristo». Noi ci alziamo per ascoltare il Vangelo: è Cristo che ci parla, lì. E per questo noi stiamo attenti, perché è un colloquio diretto. E’ il Signore che ci parla.

Dunque, nella Messa non leggiamo il Vangelo per sapere come sono andate le cose, ma ascoltiamo il Vangelo per prendere coscienza che ciò che Gesù ha fatto e detto una volta; e quella Parola è viva, la Parola di Gesù che è nel Vangelo è viva e arriva al mio cuore. Per questo ascoltare il Vangelo è tanto importante, col cuore aperto, perché è Parola viva. Scrive sant’Agostino che «la bocca di Cristo è il Vangelo. Lui regna in cielo, ma non cessa di parlare sulla terra».[4] Se è vero che nella liturgia «Cristo annunzia ancora il Vangelo»,[5] ne consegue che, partecipando alla Messa, dobbiamo dargli una risposta. Noi ascoltiamo il Vangelo e dobbiamo dare una risposta nella nostra vita.

Per far giungere il suo messaggio, Cristo si serve anche della parola del sacerdote che, dopo il Vangelo, tiene l’omelia. Raccomandata vivamente dal Concilio Vaticano II come parte della stessa liturgia,[7] l’omelia non è un discorso di circostanza, né una conferenza neppure una lezione, l’omelia è un’altra cosa. Cosa è l’omelia? E’ «un riprendere quel dialogo che è già aperto tra il Signore e il suo popolo», affinché trovi compimento nella vita. L’esegesi autentica del Vangelo è la nostra vita santa! La parola del Signore termina la sua corsa facendosi carne in noi, traducendosi in opere, come è avvenuto in Maria e nei Santi. Ricordate quello che ho detto l’ultima volta, la Parola del Signore entra dalle orecchie, arriva al cuore e va alle mani, alle opere buone. E anche l’omelia segue la Parola del Signore e fa anche questo percorso per aiutarci affinché la Parola del Signore arrivi alle mani, passando per il cuore.

Ho già trattato l’argomento dell’omelia nell’Esortazione Evangelii gaudium, dove ricordavo che il contesto liturgico «esige che la predicazione orienti l’assemblea, e anche il predicatore, verso una comunione con Cristo nell’Eucaristia che trasformi la vita».

Chi tiene l’omelia deve compiere bene il suo ministero, offrendo un reale servizio a tutti coloro che partecipano alla Messa, ma anche quanti l’ascoltano devono fare la loro parte. Anzitutto prestando debita attenzione, assumendo cioè le giuste disposizioni interiori, senza pretese soggettive, sapendo che ogni predicatore ha pregi e limiti. Se a volte c’è motivo di annoiarsi per l’omelia lunga o non centrata o incomprensibile, altre volte è invece il pregiudizio a fare da ostacolo. E chi fa l’omelia deve essere conscio che non sta facendo una cosa propria, sta predicando, dando voce a Gesù, sta predicando la Parola di Gesù. E l’omelia deve essere ben preparata, deve essere breve, breve! Concludendo possiamo dire che nella Liturgia della Parola Dio dialoga con il suo popolo, il quale lo ascolta con attenzione e venerazione e, allo stesso tempo, lo riconosce presente e operante. Se, dunque, ci mettiamo in ascolto della “buona notizia”, da essa saremo convertiti e trasformati, pertanto capaci di cambiare noi stessi e il mondo. Perché? Perché la Buona Notizia, la Parola di Dio entra dalle orecchie, va al cuore e arriva alle mani per fare delle opere buone.

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2 pensieri su “Le omelie devo essere brevi, non più di 10 minuti e ben preparate

  1. Santo Padre, cosa possiamo fare noi laici davanti al dilagante “assenteismo” nel fare l’omelia da parte dei sacerdoti?
    con sofferenza o vissuto questo atteggiamento assente del sacerdote anche in S. Maria Maggiore, i sacerdoti vacanzieri accompagnatori di gruppetti che officiano nella Basilica Romana per vantarsene nei loro paesi, cosa possiamo fare? ho “litigato” con molti per questo motivo, ora sono miei nemici, non mi preoccupa questo, e’ demoralizzante vedere che loro perseverano, lettura del Vangelo veloce e via——ho ripreso tanti laici con comportamenti inidonei al luogo; parlare tra loro, rispondere al cellulare, anche suore e sacerdoti, io ho ricevuto in risposta male parole , ma non dovrebbe il sacerdote stesso richiamare a comportamenti di rispetto? lui e’ ascoltato sicuramente piu’ di me—————Ivana Barbonetti.

  2. Vangelo vivo

    Parole semplici,
    chiare, spogliate, nude,
    pulsanti dal cuore.
    Parole libere, leggere,
    silenziose, povere,
    sollevano l’anima.
    Mani senza nome,
    intrecciate con amore alle Tue,
    sconosciute, sole,
    sostengono il mondo.

    Dedicata a Alessandra, volontaria in Congo

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