Unire economia e comunione è la sfida che Chiara Lubich ha lanciato 25 anni or sono, quando sognò un nuovo modello di fare economia, idea che è stata raccolta in questi anni da tanti imprenditori che si sono adoperati per creare la “Economia di Comunione”.
Questa economia, ha spiegato Francesco, va nella direzione corretta poiché, pur riconoscendo la importanza del denaro come strumento, non lo trasforma in un idolo. “Il denaro è importante, soprattutto quando non c’è, – ha sottolinato il Pontefice rivolgendosi ai partecipanti all’Incontro “Economia di Comunione”, promosso dal Movimento dei Focolari – e da esso dipende il cibo, la scuola, il futuro dei figli. Ma diventa idolo quando diventa il fine”.
È così che assistiamo alla sostituzione di Dio con la divinità del denaro, la quale giunge fino anche a far credere alle persone di possedere la vita eterna. Mentre tutto invecchia, infatti, il denaro permette di comprare cose sempre nuove, giungendo così illudere chi si lascia intrappolare da questo trucco che si può vincere la morte.
“Quando il capitalismo fa della ricerca del profitto l’unico suo scopo, rischia di diventare una struttura idolatrica, una forma di culto. La ‘dea fortuna’ è sempre più la nuova divinità di una certa finanza e di tutto quel sistema dell’azzardo che sta distruggendo milioni di famiglie del mondo, e che voi giustamente contrastate. – ha infatti spiegato il Santo Padre – Questo culto idolatrico è un surrogato della vita eterna. I singoli prodotti (le auto, i telefoni…) invecchiano e si consumano, ma se ho il denaro o il credito posso acquistarne immediatamente altri, illudendomi di vincere la morte”.
Come non lasciarsi contagiare da questa idolatria del denaro? – si è dunque chiesto il Vescovo di Roma. La risposta fornita dal Movimento dei Focolari, per mezzo dell’Economia di Condivisione è chiara e semplice: condividendolo. L’Economia di Condivisione, infatti, non nega il concetto di impresa o di profitto, ma, al termine del processo produttivo, mette in comune i profitti. È una scelta, questa, che si trasforma nel “modo migliore e più concreto per non fare del denaro un idolo”.
Da qui l’invito a continuare su questo cammino, con l’obbiettivo di sconfiggere l’idolatria del denaro alimentata da un’economia centrata solo sul profitto, ricordandosi sempre che non si possono servire due signori, due padroni e che “il diavolo entra dalle tasche”.
In tale ottica di condivisione, Francesco ha sottolineato anche l’importanza di pagare le tasse. “La ragione delle tasse sta anche in questa solidarietà, che viene negata dall’evasione ed elusione fiscale, che, prima di essere atti illegali sono atti che negano la legge basilare della vita: il reciproco soccorso“.
Infine il Vescovo di Roma ha invitato i presenti ad aprire gli occhi sulla realtà di un capitalismo ormai giunto al termine: un sistema che prima scarta le persone e poi si offre di curarle, un sistema che prima inquina il mondo e poi si offre di salvarlo.
“Gli aerei inquinano l’atmosfera, ma con una piccola parte dei soldi del biglietto pianteranno alberi, per compensare parte del danno creato. – ha commentato il Papa – Le società dell’azzardo finanziano campagne per curare i giocatori patologici che esse creano. E il giorno in cui le imprese di armi finanzieranno ospedali per curare i bambini mutilati dalle loro bombe, il sistema avrà raggiunto il suo culmine. Questa è l’ipocrisia!”.
Allo stesso modo, Bergoglio, ha messo in guarda da un’altra ipocrisia, quella del filantropismo. “Il capitalismo conosce la filantropia, non la comunione. È semplice donare una parte dei profitti, senza abbracciare e toccare le persone che ricevono quelle ‘briciole’. Invece, anche solo cinque pani e due pesci possono sfamare le folle se sono la condivisione di tutta la nostra vita. Nella logica del Vangelo, se non si dona tutto non si dona mai abbastanza”.
Da qui, l’invito conclusivo di Papa Francesco a donare a tutto il mondo l’economia di comunione: “l’economia di comunione avrà futuro se la donerete a tutti e non resterà solo dentro la vostra ‘casa’. Donatela a tutti, e prima ai poveri e ai giovani, che sono quelli che più ne hanno bisogno”, perché “il denaro non salva se non è accompagnato dal dono della persona”.
L’argomento mi riporta a un romanzo pubblicato l’anno scorso «Tentare di elevare il proprio tenore di vita non è mica peccato! Tutti gli uomini “normali” desiderano crescere economicamente e si sentono appagati quando accontentano le loro mogli facendole vivere in mezzo alle comodità di una vita ricca di svaghi. Mi sono sempre chiesta come mai, se tu non puoi guadagnare di più, le mogli dei tuoi colleghi spendono così tanto? I tuoi colleghi non dovrebbero percepire il tuo stesso stipendio?»
«Eppure, tra la loro famiglia e la nostra c’è un abisso: noi riusciamo a malapena a provvedere ai nostri bisogni primari!»
«Ti sbagli sul mio conto: io non sono affatto demotivato. Anzi. Sono in pace con me stesso. Dovresti apprezzare la mia assennatezza, piuttosto che lamentartene. Nella mia vita non desideravo altro che l’amore di una moglie umile e la stima delle persone che mi conoscono. Certo, non disdegnerei un guadagno maggiore, ma vivere nelle mollezze non è mai stato il mio principale obiettivo».
«A te non interessa!», esclamò Veronica «Ma non pensi alla tua famiglia?»
«Ci penso fin troppo. Il denaro, come si dice, è un buon servitore, ma anche un cattivo padrone…»
«Questo, a mio parere, bisogna insegnare ai propri figli; questo è ciò che un buon marito ha il dovere di far capire alla propria moglie, per il bene suo e della sua prole!».
Pronunciate queste parole, Karl si allontanò profondamente turbato.
Si preparò per andare al lavoro e, quando uscì di casa, non degnò sua moglie neanche di uno sguardo.
Rincasò sul far della notte, quando Veronica già dormiva.
Sebbene fossero state pronunciate molte ore prima, le parole di sua moglie lo avevano scombussolato, così tanto da rimbombargli ancora nella mente.
Il gelo e la neve che stavano imperversando all’esterno di quella casa sembravano penetrare nei meandri del suo animo intorbidato.
“Un tempo – disse dentro di sé – Veronica mi disse che l’amore sarebbe stato il pane con cui avremo alimentato il nostro rapporto. Quel pane mi sembrava inesauribile. Ho sempre avuto una certa idea dell’amore, ritenendolo eterno.”
“Forse mi confondevo con l’amore del Signore verso le sue creature. Quello sì che è amore.”
“Non come quello umano, fatto di pretese. Solo il buon Dio, del resto, può essere capace di un amore gratuito.”
“Cosa fu il big bang se non un’esplosione di amore? Concentrato in un punto dell’universo, che non poteva implodere ma solo esplodere, l’amore, improvvisamente, per volere del Signore, diede vita a una creazione in continua espansione; un dare continuo, senza ricevere nulla in cambio.”
“Un amore che ha dato origine alla vita, anche a quella umana.”
“Un amore che non si è arrestato mai, neanche quando, in presenza di condizioni di vita proibitive, è intervenuto con la selezione naturale della specie, che ne ha garantito l’evoluzione.”
“Un amore infinito. Infinito, sì, esistendo ancor prima che il big bang desse vita al tempo.” (pagg. 51 e 52 del romanzo Ritorno alla verità di Procolo Ascolese)