Nella giornata di oggi ritorniamo all’incontro di Assisi, tenutosi lo scorso 20 settembre 2016, per ripercorrere la meditazione di Papa Francesco rivolta ai rappresentanti delle Chiese, delle Comunità cristiane e delle Religioni. Il tema dell’incontro era il cammino comune verso la pace, anelito dell’umanita di fronte alla quale nessun uomo di buona volontà può rimanere indifferente.
Seppur sia molto facile da comprendere, questo, nei fatti non lo è altrettanto. Prova ne è il fatto che dilaga sempre più il virus dell’indifferenza, “un virus che paralizza, rende inerti e insensibili, un morbo che intacca il centro stesso della religiosità, ingenerando un nuovo tristissimo paganesimo: il paganesimo dell’indifferenza“.
Eppure, ha sottolineato Bergoglio, è Dio stesso che ci chiede di trovare “risposte spirituali concrete per superare le chiusure aprendosi a Dio e ai fratelli“. In questo modo Dio ci mette in guardia dal virus dell’indifferenza e al contempo, ci esorta “ad affrontare la grande malattia del nostro tempo: l’indifferenza“. Noi tutti, cristiani e non, “non possiamo restare indifferenti. Oggi il mondo ha un’ardente sete di pace“.
La sete di pace, ha spiegato ulteriormente il Papa, non si ricolma con le armi, portando la pace con le armi, e neppure con “negoziati, di compromessi politici o di mercanteggiamenti economici“. “Forse mai come ora nella storia dell’umanità è divenuto a tutti evidente il legame intrinseco tra un atteggiamento autenticamente religioso e il grande bene della pace“, aveva detto nel lontano 1986 San Giovanni Paolo II e queste parole, che oggi potremmo dire profetiche, sono ancora valide. Anzi oggni ancor di più.
L’incontro di Assisi dimostra proprio come la pace è possibile, nonostante le differenti “tradizioni religiose. Ma la differenza non è motivo di conflitto, di polemica o di freddo distacco. Oggi non abbiamo pregato gli uni contro gli altri, come talvolta è purtroppo accaduto nella storia. Senza sincretismi e senza relativismi, abbiamo invece pregato gli uni accanto agli altri, gli uni per gli altri“.
La pace è possibile, ed è un dono di Dio al quale aspirare, ripetendo però, in modo chiaro e senza equivoci che “mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra!“
“Pace, un filo di speranza che collega la terra al cielo, una parola tanto semplice e difficile al tempo stesso. Pace vuol dire Perdono che, frutto della conversione e della preghiera, nasce dal di dentro e, in nome di Dio, rende possibile sanare le ferite del passato. Pace significa Accoglienza, disponibilità al dialogo, superamento delle chiusure, che non sono strategie di sicurezza, ma ponti sul vuoto. – ha dunque concluso Papa Francesco – Pace vuol dire Collaborazione, scambio vivo e concreto con l’altro, che costituisce un dono e non un problema, un fratello con cui provare a costruire un mondo migliore. Pace significa Educazione: una chiamata ad imparare ogni giorno la difficile arte della comunione, ad acquisire la cultura dell’incontro, purificando la coscienza da ogni tentazione di violenza e di irrigidimento, contrarie al nome di Dio e alla dignità dell’uomo“.