Prossimità, vicinanza sono le parole chiave della visita di Papa Francesco a Lesbo, ma anche rispetto dei diritti umani, accoglienza e coraggio. Tante le persone che Francesco ha incontrato, accarezzato, baciato, incontri semplici che vogliono appunto dimostrare la vicinanza del Santo Padre al dramma di queste persone.
Proprio il fatto che sono prima di tutto persone è stato rimarcato dal pontefice più volte: gli immigrati non sono numeri ma persone e per questo risuona ancora più forte “l’accorato appello alla responsabilità e alla solidarietà” che Francesco ha lanciato all’Europa, assieme al Patriarca Ecumenico Bartolomeo e all’Arcivescovo Ieronymos.
Il primo pensiero, appena sbarcato nell’isola di Lesbo, divenuta punto di approdo dei migranti, è stato il ringraziamento per la cittadinanza di Lesbo che ha accolto questi migranti, molte volte sopperendo alle mancanze delle organizzazioni statali. “Quando Lesbo è diventata un approdo per tanti migranti in cerca di pace e di dignità, ho sentito il desiderio di venire qui”, ha subito confessato Bergoglio.
Certo, ha precisato il Papa, “le preoccupazioni delle istituzioni e della gente, qui in Grecia come in altri Paesi d’Europa, sono comprensibili e legittime“. Tuttavia queste preoccupazioni non devono farci dimenticare la realtà, ovvero che “i migranti, prima di essere numeri, sono persone, sono volti, nomi, storie. L’Europa è la patria dei diritti umani, e chiunque metta piede in terra europea dovrebbe poterlo sperimentare, così si renderà più consapevole di doverli a sua volta rispettare e difendere“.
Facendo riferimento alle tante barriere che in questi mesi sono state inalzate in Europa per fermare questo flusso di persone, il Vescovo di Roma ha sottolineato come queste si trasformino in strumenti di morte. Esse non fanno altro che produrre morti, in un modo o nell’altro, ha commentato pensando ai “molti bambini non sono riusciti nemmeno ad arrivare: hanno perso la vita in mare, vittime di viaggi disumani e sottoposti alle angherie di vili aguzzini“.
“Voi, abitanti di Lesbo, dimostrate che in queste terre, culla di civiltà, pulsa ancora il cuore di un’umanità che sa riconoscere prima di tutto il fratello e la sorella, un’umanità che vuole costruire ponti e rifugge dall’illusione di innalzare recinti per sentirsi più sicura. – ha detto – Infatti le barriere creano divisioni, anziché aiutare il vero progresso dei popoli, e le divisioni prima o poi provocano scontri”.
La soluzione, l’unico cammino percorribile per Papa Francesco, come più volte espresso, è “costruire la pace là dove la guerra ha portato distruzione e morte, e impedire che questo cancro si diffonda altrove”. Solo sviluppando “politiche di ampio respiro, non unilaterali” si potrà porre freno a questa tragedia umanitaria.
“Per questo bisogna contrastare con fermezza la proliferazione e il traffico delle armi e le loro trame spesso occulte; vanno privati di ogni sostegno quanti perseguono progetti di odio e di violenza. – ha concluso Francesco – Va invece promossa senza stancarsi la collaborazione tra i Paesi, le Organizzazioni internazionali e le istituzioni umanitarie, non isolando ma sostenendo chi fronteggia l’emergenza”.