«Alzati, va’ a Ninive, la grande città, e annuncia loro quanto ti dico». Queste erano le parole del Signore a Giona invitandolo ad andare in quella grande città piena mali. E anche Gesù si incamminò verso la Galilea per predicare la sua buona notizia. Il Signore si mette in cammino: va a Ninive, in Galilea e altre città. Si mette in movimento per entrare nella nostra storia personale. Lo abbiamo celebrato da poco: è l’Emmanuele che è sempre con noi dovunque stai vivendo, nella vita quotidiana del lavoro, nell’educazione dei figli, piena di speranza, tra le tue aspirazioni e i tuoi impegni; nell’intimità della casa e nel rumore assordante delle nostre strade.
Certe volte può succederci lo stesso che a Giona. A volte abbiamo la tentazione di fuggire, di nasconderci, di defilarci dalle ingiustizie, dal dolore. Guardando la città potremmo cominciare a constatare che ci sono «ci sono cittadini che ottengono i mezzi adeguati per lo sviluppo della vita personale e familiare, e questo ci rallegra; però sono moltissimi i “non cittadini”, i “cittadini a metà” o gli “avanzi urbani”» che stanno ai bordi delle nostre strade senza condizioni necessarie per condurre una vita dignitosa, e fa male constatare che molte volte tra questi “avanzi umani” si trovano i volti di tanti bambini e adolescenti. Si trova il volto del futuro.
E vedendo queste cose nelle nostre città, finisce per provocare quella che potremmo chiamare la sindrome di Giona: uno spazio di fuga e di sfiducia. Uno spazio per l’indifferenza che ci fa diventare esseri impersonali dal cuore asettico, e con questo atteggiamento facciamo male all’anima del popolo. Come ci faceva notare Benedetto XVI, «la misura dell’umanità si determina essenzialmente nel suo rapporto con la sofferenza e col sofferente. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la com-passione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana».
Quando arrestarono Giovanni [il Battista], Gesù si recò in Galilea a predicare il Vangelo di Dio. A differenza di Giona, Gesù, di fronte a un avvenimento doloroso e ingiusto come fu l’arresto di Giovanni, entra nella città, entra in Galilea e comincia a seminare quello che sarebbe stato l’inizio della più grande speranza: il Regno di Dio è vicino, Dio è in mezzo a noi. E il Vangelo stesso ci mostra la gioia e l’effetto a catena che questo produce: cominciò con Simone e Andrea, poi Giacomo e Giovanni (cfr Mc 1,14-20) e, a partire da allora, passando per Santa Rosa da Lima, San Toribio, San Martino de Porres, San Giovanni Macías, San Francesco Solano, è giunto fino a noi annunciato dalla nube di testimoni che hanno creduto in Lui.
Gesù ha chiamato i suoi discepoli a vivere nell’oggi l’amore per Dio e per il prossimo suscitando la tenerezza e l’amore misericordioso. Li invita a creare nuovi legami, nuove alleanze portatrici di eternità.
Gesù percorre la città; lo fa con i suoi discepoli e comincia a vedere, ad ascoltare, a fare attenzione a coloro che avevano ceduto sotto il manto dell’indifferenza li invita a percorrere la città, ma cambia loro il ritmo, insegna a guardare ciò a cui fino ad ora passavano sopra, indica nuove urgenze. Convertitevi, dice loro, il Regno dei Cieli è incontrare in Gesù Dio che mescola la sua vita con la vita del suo popolo, si coinvolge e coinvolge altri perché non abbiano paura di fare di questa storia una storia di salvezza.
Gesù continua a camminare per le nostre strade, come ieri continua a bussare alle porte, a bussare ai cuori per riaccendere la speranza e gli aneliti: che il degrado sia superato dalla fraternità, l’ingiustizia vinta dalla solidarietà e la violenza spenta con le armi della pace.
Gesù continua a chiamare e vuole ungerci col suo Spirito perché anche noi andiamo a ungere con quella unzione capace di guarire la speranza ferita e rinnovare il nostro sguardo.
Gesù continua a camminare e risveglia la speranza che ci libera da rapporti vuoti e da analisi impersonali e ci chiama a coinvolgerci come fermenti lì dove siamo, dove ci è dato di vivere, in quell’angolino di tutti i giorni.
Dio non si stanca e non si stancherà di camminare per raggiungere i suoi figli. Ciascuno dei suoi figli. Come accenderemo la speranza se mancano profeti? Come affronteremo il futuro se ci manca l’unità? Come arriverà Gesù in tanti posti, se mancano audaci e validi testimoni?
Oggi il Signore ti chiama a percorrere con Lui la città,ti invita a camminare con Lui la tua città. Ti chiama ad essere suo discepolo missionario, e così a diventare partecipe di quel grande sussurro che vuole continuare a risuonare in ogni angolo della nostra vita: Rallegrati, il Signore è con te!
I politici e i politicizzati si comportano male, perché non li abbiamo amati e non hanno mai avuto nessuno che gli ha detto: ti amo !
Dovremmo capire che TUTTI proprio TUTTI Gesu’ chiama, secondo le nostre potenzialita’. Il SUO REGNO si manifesta dentro il nostro cuore se si apre e GLI dice SI, si a amare, aiutare concretamente chi ha bisogno di aiuto, senza “paletti” generati dal nostro “IO”, dal “dopo”, come ho tempo!
Li c’e’ DIO e il SUO REGNO, UN CUORE CHE SI APRE A AMARE, con parole e azioni, TUTTI proprio TUTTI———-Ivana Barbonetti