Papa Francesco ha chiesto ad una Congregazione cattolica belga che si occupa di assistenza ai malati e ai disabili, di fermare la pratica dell’eutanasia negli ospedali psichiatrici di sua proprietà. Correva il mese di maggio quando i “Fratelli della Carità”, istituto religioso maschile riconosciuto nel 1899, che detiene appunto il controllo di 15 ospedali psichiatrici, annunciavano che nei loro ospedali avrebbero permesso ai medici di praticare l’eutanasia.
Il Belgio, insieme ai Paesi Bassi, è l’unico Paese in cui i medici sono autorizzati a somministrare la morte al soggetto malato che ne fa richiesta. La condizione per poter praticare l’eutanasia è la presenza, nella persona richiedente, di uno stato di “sofferenza insopportabile” (condizione che va comunque valutata da una equipe di tre medici, uno dei quali deve essere uno psichiatra).
Tuttavia il Papa non è d’accordo che la Congregazione cattolica belga abbia dato il suo consenso all’eutanasia. Anche se la Congregazione aveva precisato da tempo che l’eutanasia sarebbe stata eseguita solo “in mancanza di un trattamento alternativo ragionevole” e che ogni richiesta sarebbe stata vagliata con la “massima cautela”, Francesco ha comunque chiesto di mettere la parola fine.
A sollecitare una presa di posizione da parte dei vescovi belgi e della Santa Sede fu Rene Stockman, superiore generale della Congregazione, che definì “sleale, scandaloso e inaccettabile” il fatto che una organizzazione cristiana permettesse l’eutanasia e la ritenesse parte della “libertà terapeutica del medico”. Ora che è intervenuto il Papa, se la Congregazione belga non si adeguerà all’ultimatum, potrebbe incorrere in seri provvedimenti, ultimo dei quali la scomunica.
La cosa incredibile è che una congregazione cattolica abbia fino all’intervento del papa potuto lasciar praticare l’eutanasia nelle sue strutture. La scomunica dovrebbe già essere operativa per chi ha consentito l’eutanasia nelle proprie case di cura.