Il Vangelo preso in esame all’Angelus narra la prima predicazione di Gesù nella sua terra, Nazareth, che viene accolta tra incredulità e rifiuto. La gente vuole miracoli, non parole.
Così Gesù, che già si aspettava un simile atteggiamento, risponde con una grande verità, ovvero che “nessun profeta è bene accetto nella sua patria.” Ha un senso allora fare del bene sapendo che non verrà ben accolto? chiede il Pontefice. Si, questo è un grande insegnamento, “è una domanda che ci aiuta a capire meglio Dio. Egli, davanti alle nostre chiusure, non si tira indietro: non mette freni al suo amore. Davanti alle nostre chiusure, Lui va avanti. Ne vediamo un riflesso in quei genitori che sono consapevoli dell’ingratitudine dei figli, ma non per questo smettono di amarli e di fare loro del bene.”
Per accogliere il bene bisogna avere l’animo predisposto ad esso, “attraverso la disponibilità e l’umiltà. Il modo di accogliere Dio è sempre essere disponibili, accoglierlo ed essere umili. La fede passa di qua: disponibilità e umiltà.” Non sempre riconosciamo Gesù quando si presenta, se ci aspettiamo grandi dimostrazioni non lo vedremo. Lo troverà solo “chi accetta le sue vie e le sue sfide, senza lamentele, senza sospetti, senza critiche e musi lunghi. Gesù, in altre parole, ti chiede di accoglierlo nella realtà quotidiana che vivi; nella Chiesa di oggi, così com’è; in chi hai vicino ogni giorno; nella concretezza dei bisognosi, nei problemi della tua famiglia, nei genitori, nei figli, nei nonni, accogliere Dio lì.”
Ma non abbiamo la presunzione di conoscerlo, di sapere tutto di Lui, cadendo così nell’abitudine. “Il Signore chiede una mente aperta e un cuore semplice. E quando una persona ha una mente aperta, un cuore semplice, ha la capacità di sorprendersi, di stupirsi. Il Signore sempre ci sorprende, è questa la bellezza dell’incontro con Gesù.”