Ci avviciniamo a grandi passi verso la Pasqua e all’Udienza si medita sugli episodi riportati dai Vangeli che riguardano il Cristo in questo periodo.
A cominciare dal suo ingresso a Gerusalemme, dove una folla festante lo accoglie “e acclama: «Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli» (Lc 19,38). Quella gente là festeggia perché vede nell’ingresso di Gesù l’arrivo di un nuovo re, che avrebbe portato pace e gloria. Ecco qual era la pace attesa da quella gente: una pace gloriosa, frutto di un intervento regale, quello di un messia potente che avrebbe liberato Gerusalemme dall’occupazione dei Romani.” In fondo, aveva già compiuto dei miracoli.
Ma Gesù non vuole essere acclamato, e dice ai suoi discepoli: “ ‘Vi lascio la pace, vi do la mia pace non come la dà il mondo, io la do a voi’ (Gv 14,27).” Due modi diversi, quello del mondo che conquista la pace con la guerra, con la forza, e quello di Gesù. “La sua pace non è frutto di qualche compromesso, ma nasce dal dono di sé. Questa pace mite e coraggiosa, però, è difficile da accogliere. Infatti, la folla che osannava Gesù è la stessa che dopo pochi giorni grida ‘Crocifiggilo’ e, impaurita e delusa, non muove un dito per Lui.”
Come sono diversi questi atteggiamenti, dovremmo ricordare che “la pace di Gesù non sovrasta gli altri, non è mai una pace armata: mai! Le armi del Vangelo sono la preghiera, la tenerezza, il perdono e l’amore gratuito al prossimo, l’amore a ogni prossimo. È così che si porta la pace di Dio nel mondo.”
E che Pasqua vuol dire passaggio, è il caso di decidersi a passare “dal dio mondano al Dio cristiano, dall’avidità che ci portiamo dentro alla carità che ci fa liberi, dall’attesa di una pace portata con la forza all’impegno di testimoniare concretamente la pace di Gesù.”
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