All’Angelus Papa Francesco spiega ai fedeli che dal giorno del Santo Natale fino al primo gennaio la liturgia ricorda alcuni martiri come Santo Stefano e i Santi Innocenti, i bimbi fatti uccidere da Erode.
Perché? Per ricordarci che “il Natale non è la fiaba della nascita di un re, ma è la venuta del Salvatore, che ci libera dal male prendendo su di sé il nostro male: l’egoismo, il peccato, la morte. Questo è il nostro male: l’egoismo che portiamo dentro, il peccato, perché siamo tutti peccatori, e la morte”. Mentre i martiri sono più simili al Cristo. E la parola martire vuol dire testimone; i martiri dunque “attraverso le loro vite, ci mostrano Gesù, che ha vinto il male con la misericordia”.
Per capire come noi stessi possiamo essere testimoni, riflettiamo sulla figura di Santo Stefano. Chi era? “Gli Atti degli Apostoli ci dicono che era uno dei sette diaconi che la comunità di Gerusalemme aveva consacrato per il servizio delle mense, cioè per la carità. Ciò significa che la sua prima testimonianza non l’ha data a parole, ma attraverso l’amore con cui serviva i più bisognosi”. E non solo; “a quelli che incontrava parlava di Gesù: condivideva la fede alla luce della Parola di Dio e dell’insegnamento degli Apostoli”. Ha dato testimonianza di cosa voglia dire conoscere e accogliere Gesù nella propria vita. Ha perdonato i propri assassini, esattamente come il Figlio di Dio.
Come possiamo essere noi stessi testimoni quindi? “Noi possiamo migliorare la nostra testimonianza attraverso la carità verso i fratelli, la fedeltà alla Parola di Dio e il perdono. […] Chiediamo la forza di pregare per chi ci ha fatto del male, pregare per le persone che ci hanno ferito, e di fare dei passi di apertura e di riconciliazione”. E la forza di saper perdonare.