Prosegue la catechesi del Santo Padre intorno alla figura di San Giuseppe e all’Udienza si pone l’accento sul suo essere “migrante perseguitato e coraggioso”, come descritto nel Vangelo di Matteo.
L’avvenimento su cui si riflette è la fuga in Egitto, dove la Sacra Famiglia è costretta a fuggire per evitare che il piccolo Gesù venga ucciso così come ordinato da Erode. Egli infatti fa uccidere tutti i bambini di Betlemme sotto i due anni, per cui un angelo avvisa Giuseppe di prendere la sua famiglia e portarla in salvo. “La fuga della Santa Famiglia in Egitto salva Gesù, ma purtroppo non impedisce a Erode di compiere la sua strage. Ci troviamo così di fronte a due personalità opposte: da una parte Erode con la sua ferocia e dall’altra parte Giuseppe con la sua premura e il suo coraggio.” Il Pontefice mette in guardia sul poter diventare come il primo perché “è un atteggiamento in cui possiamo cadere tutti noi, ogni volta che cerchiamo di scacciare le nostre paure con la prepotenza.”
Invece Giuseppe è completamente all’opposto, “prima di tutto è ‘un uomo giusto’ mentre Erode è un dittatore; inoltre si dimostra coraggioso nell’eseguire l’ordine dell’Angelo.[…] Erode e Giuseppe sono due personaggi opposti, che rispecchiano le due facce dell’umanità di sempre. È un luogo comune sbagliato considerare il coraggio come virtù esclusiva dell’eroe. In realtà, il vivere quotidiano di ogni persona richiede coraggio: non si può vivere senza coraggio! Il coraggio per affrontare le difficoltà di ogni giorno.”
Il coraggio di vivere, quel coraggio sinonimo di fortezza che fonda le virtù cardinali assieme a giustizia, prudenza e temperanza. Qual è dunque l’insegnamento? Che le difficoltà non si affrontano come Erode, tirando fuori il peggio di noi, ma come Giuseppe, che “reagisce alla paura con il coraggio di affidarsi alla Provvidenza di Dio.”