Due gli appuntamenti principali della terza giornata del Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Messico: nella mattinata, presso il centro sportivo municipale, ha celebrato la , mentre nel pomeriggio allo stadio di Túxtla Gutiérrez, sempre in Chiapas, ha avuto luogo l’.
In una zona periferica del Messico, quale è il Chapas, nonstante la nebbia e la temperatura di appena 6 gradi sopra lo zero, Papa Francesco è stato accolto da decine di migliaia di indios, che hanno saputo riscaldare l’atmosfera, e la celebrazione della Santa Messa, con colori e gioia. Agli indios, che ancora lottano contro le discriminazioni, il Vescovo di Roma ha chiesto perdono da parte di tutti quelli che hanno spogliato ed escluso i popoli indigeni in questa terra ricca di risorse, ma che resta una delle più povere del Messico.
“Alcuni hanno considerato inferiori i loro valori, la loro cultura e le loro tradizioni. – ha detto Francesco rivolgendosi agli indios – Altri, ammaliati dal potere, dal denaro e dalle leggi del mercato, li hanno spogliati delle loro terre o hanno realizzato opere che le inquinavano. Che tristezza. Quanto farebbe bene a tutti noi fare un esame di coscienza e imparare a dire: perdono! Perdono, fratelli! Il mondo di oggi, spogliato dalla cultura dello scarto, ha bisogno di voi!”.
La devastazione e il saccheggio che hanno subito, e subiscono tuttora i popoli indios d’America, sono le stesse che, in modo globale, subisce tutto il pianeta Terra: anche la Terra si unisce al grido degli indios e “protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che geme e soffre le doglie del parto”.
Bergoglio ha quindi invitato il mondo intero a guardare agli indios oggi come un modello di vita per tutta l’umanità: “voi avete molto da insegnarci, da insegnare all’umanità. I vostri popoli – ha detto – sanno relazionarsi armonicamente con la natura, che rispettano come fonte di nutrimento, casa comune e altare del condividere umano”.
Nel pomeriggio, a Tuxla Guiterrez, capitale dello stato meridionale, nuovamente è stata una gran festa l’arrivo di Francesco per incontrare le famiglie, che lo hanno ricevuto cantando “Francisco amigo”. Ne è nato un dialogo nel corso del quale il Papa ha parlato in parte a braccio, improvvisando, e ribadendo che la famiglia non è “un modello ormai superato e incapace di trovare posto all’interno delle nostre società che, sotto il pretesto della modernità, sempre più favoriscono un sistema basato sul modello dell’isolamento“.
Ha dunque realizzato un vero e proprio inno alla famiglia, ma non alla famiglia perfetta, ma a quella accidentata, alla “famiglia ferita che ogni giorno cerca di coniugare l’amore“, che il Francesco ha dichiarato preferire “a una società malata per la chiusura e la comodità della paura di amare“. E continuando ha aggiunto “preferisco una famiglia che una volta dopo l’altra cerca di ricominciare, a una società narcisistica e ossessionata dal lusso e dalle comodità“. E ancora “preferisco una famiglia con la faccia stanca per i sacrifici ai volti imbellettati che non sanno di tenerezza e compassione“.
Un vero e proprio invito a gettare ogni maschera di ipocristia e a mostrare, se serve, anche “rughe e cicatrici, frutto della fatica di un amore fedele, la cosa più bella che un uomo e una donna possano darsi l’un l’altro”.
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