Si è tenuto oggi in Piazza San Pietro, alla presenza di circa 60.000 fedeli, l’incontro di Papa Francesco con i membri del movimento Comunione e Liberazione: ricordando le parole, gli insegnamenti e la vita di Mons. Luigi Giussani, il Santo Padre ha parlato dell’importanza di non dimenticare mai il primo incontro con Gesù ma anche della altrettanto importante capacità di sapersi continuamente rinnovare, pur rimanendo fedeli alla tradizione.
Il carisma di cui il movimento di Comunione e Liberazione è portatore “non si conserva in una bottiglia di acqua distillata” – ha detto Bergoglio – “Fedeltà al carisma non vuol dire “pietrificarlo” – è il diavolo quello che pietrifica“! Ci vuole “certamente fedeltà alla tradizione” ma questo è una cosa diversa dal diventare guide di museo che illustrano il passato. Quello a cui il movimento è chiamato oggi è sapersi proiettare nel futuro, tenendo però vivo la memoria.
Memoria certamente degli insegnamenti di Don Giussani ma soprattutto memoria del primo incontro con Gesù, che è alla fonte stessa del Movimento di Comunione e Liberazione: è stato infatti Mons. Giussani a scrivere a San Giovanni Paolo II come “il genio del movimento che ho visto nascere sia di avere sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali, e basta“.
“Tutto, nella nostra vita, oggi come al tempo di Gesù, incomincia con un incontro. Un incontro con quest’Uomo, il falegname di Nazaret, un uomo come tutti e allo stesso tempo diverso. – ha detto il Vescovo di Roma invitando a riflettere come Gesù sia sempre lì ad aspettarci, sia sempre lì prima di noi. “Questa fu la scoperta decisiva per san Paolo, per sant’Agostino, e tanti altri santi: Gesù Cristo sempre è primo, ci primerea, ci aspetta, Gesù Cristo ci precede sempre – ha quindi concluso – e quando noi arriviamo, Lui stava già aspettando. Lui è come il fiore del mandorlo: è quello che fiorisce per primo, e annuncia la primavera“.
Proprio il fatto che Gesù sia sempre lì ad aspettarci è la conferma dell’invito missionario della Chiesa, missione che non è solo ad evangelizzare gli altri ma che ci spinge a uscire dai confini nei quali tendiamo a proteggerci: “Uscire significa anche respingere l’autoreferenzialità, in tutte le sue forme, significa saper ascoltare chi non è come noi, imparando da tutti, con umiltà sincera“. Questa è dunque la sfida cui oggi è chiamata Comunione e Liberazione, perché “quando siamo schiavi dell’autoreferenzialità finiamo per coltivare una “spiritualità di etichetta”: “Io sono CL”. Questa è l’etichetta. E poi cadiamo nelle mille trappole che ci offre il compiacimento autoreferenziale, quel guardarci allo specchio che ci porta a disorientarci e a trasformarci in meri impresari di una ONG“.
Sì, questo è un argomento su cui c’è tanto bisogno che la Chiesa torni molto spesso e in modo sempre più approfondito. Un grande bisogno. Perché alla base di tutte queste c’è la paura (dell’isolamento, dell’abbandono, della sopraffazione, della perdita d’identità e di tanto altro..)