Durante l’omelia di oggi, Papa Francesco, commentando le Letture del giorno, si è soffermato su due ostacoli che non ci permettono di servire Dio nella quotidianità della nostra vita, come padri e madri di famiglia, come lavoratori o come sacerdoti.
Gesù, ha ricordato il Santo Padre, in modo semplice e schietto ci ha ricordato che il cristiano che vuole comandare deve farsi servitore. Eppure, tante volte nelle nostre famiglie cristiane, tra cui magari anche a casa nostra, abbiamo sentito dire, o detto, “qui comando io! E quante volte, senza dirlo, abbiamo fatto sentire agli altri che ‘comando io’, no? Anche far vedere questo, no?“
Questo atteggiamento ha un nome ben preciso “voglia di potere … E Gesù ci ha insegnato che colui che comanda diventi come colui che serve. O, se uno vuole essere il primo, sia il servitore di tutti. – ha spiegato il Pontefice – Gesù capovolge i valori della mondanità, del mondo. E questa voglia di potere non è la strada per diventare un servo del Signore, anzi: è un ostacolo, uno di questi ostacoli che abbiamo pregato il Signore di allontanare da noi“.
L’altro ostacolo che ci allontana dall’essere veri cristiani, che ci allontana dal comportarci come Gesù, è la “slealtà“. Un cristiano deve essere leale a Dio e non può “fare il doppio gioco, no? Giocare a destra e a sinistra, giocare a Dio e anche giocare al mondo, no?“. La slealtà a Dio ci trasforma in cristiani ipocriti, ed è stato Gesù stesso a metterci in guardia da questo ostacolo dicendoci che “nessun servo può avere due padroni. O serve Dio o serve il denaro“.
Ci farà bene, oggi, meditare su questo: “Quello che ha voglia di potere e quello che è sleale, difficilmente può servire, diventare servo libero del Signore”. “Tutti vogliamo servire il Signore con bontà e fedeltà, ma abbiamo bisogno della sua grazia: da soli, non possiamo. – ha concluso Papa Francesco – E per questo, chiedere sempre questa grazia, che sia Lui a togliere questi ostacoli, che sia Lui a darci questa serenità, questa pace del cuore per servirlo liberamente, non come schiavi: come figli”.